Amnesty International denuncia il clima sempre più discriminatorio di cui la comunità LGBT è vittima in alcuni Paesi ex Urss.
In un rapporto intitolato “Meno uguali: i difensori dei diritti delle persone LGBT in Armenia, Bielorussia, Kazakistan e Kirghizistan”, Amnesty International denuncia un aumento dell’ostilità nei confronti delle persone LGBT probabilmente dovuto alla crociata repressiva contro la propaganda omosessuale in atto in Russia.
Denis Krivosheev, vicedirettore di Amnesty International per l’Europa e l’Asia centrale, spiega: “Le attiviste e gli attivisti LGBT vengono discriminati da tempo, ma ora la grande influenza esercitata dalla Russia e dai suoi organi di informazione sta avendo un ruolo importante nel peggioramento della situazione. L’attacco a 360 gradi portato avanti dalle autorità russe ha spinto altri governi ad agire di conseguenza e ha rafforzato le attitudini negative dell’opinione pubblica e persino di altri gruppi per i diritti umani”. L’idea, promossa dalla Russia, secondo cui i diritti LGBT siano più che altro valori occidentali capaci di minacciare la sicurezza nazionale si sta affermando sempre più. I governi stanno alimentando un clima di ignoranza e di odio trasversale.
In tutti e quattro i sopracitati Paesi (Armenia, Bielorussia, Kazakistan e Kirghizistan) i governi hanno tentato di introdurre leggi sulla propaganda omosessuale in linea con quella approvata dalla Russia nel 2013: al momento solo la Bielorussia ci è riuscita, lo scorso anno. Un ex attivista bielorusso ha raccontato ad Amnesty di aver perso più volte il lavoro e di aver subito ripetuti interrogatori da parte della polizia.
Armenia e Kirghizistan, invece, hanno modificato la Costituzione (rispettivamente nel 2015 e nel 2016) per vietare espressamente il matrimonio egualitario. In questi due Paesi sono registrate pochissime Ong, ancor peggio in Bielorussia e Kazakistan dove negli elenchi figurano esclusivamente gruppi informali o attivisti singoli.
La maggior parte delle persone intervistate da Amnesty International ha optato per l’anonimato.
La questione è a un punto di non ritorno: nel rapporto leggiamo anche che le stesse organizzazioni per i diritti umani tendono a non associarsi a quelle più propriamente LGBT. Mikayel Danielyan, ex direttore dell’Associazione Helsinki in Armenia, ricordò prima di morire (agosto 2016) che molti politici e difensori dei diritti umani si erano rifiutati di sedersi al tavolo con lui in occasione di eventi pubblici.
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