Con un voto unanime (49 voti favorevoli su 49) lo scorso 11 giugno il parlamento islandese ha approvato un testo che estende il campo di applicazione della legge sul matrimonio alle unioni "tra uomo e uomo e tra donna e donna".
Un evento storico per l’Islanda che aveva già dimostrato di essere un paese dove l’integrazione era più che possibile quando, a febbraio dello scorso anno, aveva scelto una premier lesbica, la prima della storia: Johanna Sigurdardottir, ex ministra degli Affari Sociali, cui il Paese affidava il difficile compito di risollevarlo dal fallimento economico e finanziario.
"L’Islanda è un paese dagli atteggiamenti pragmatici" ha sottolineato Gunnar Helgi Kristinsson, specialista in scienze politiche all’Università d’Islanda. Il matrimonio per le coppie omosessuali "non ha mai costituito un grosso problema per la vita politica nazionale, non è un argomento sul quale ci possono essere controversie".
La Chiesa Protestante Islandese non ha ancora preso una decisione sulla possibilità di concedere alle coppie omosessuali il diritto di unirsi anche con il rito religioso. La legge precisa che "i pastori sono liberi di celebrare cerimonie di nozze (gay), ma non saranno mai obbligati a farlo".
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