Alice Nkom è un’avvocato del Camerun: ha studiato legge a Tolosa ed è in servizio a Douala dal 1969, e a 24 anni è stata la prima donna a diventare avvocato nello Stato.
La battaglia che porta avanti dagli Anni Settanta, e ancora ora all’età di 71 anni, è quella della difesa delle persone LGBTI: il Camerun infatti è uno dei 38 Paesi africani a considerare l’omosessualità un crimine. L’articolo 347 del Codice Penale prevede la detenzione, e in alcuni casi la pena di morte, per le persone colte in flagrante durante un rapporto.
Nel 2003 ha fondato la ADEFHO, Association for the Defence of Homosexuals, e da allora è riuscita a salvare più di 100 persone dal carcere. Alcune però non ce l’hanno fatta e sono state imprigionate lo stesso. Alcune, dopo il carcere, sono state uccise.
In particolare due casi di cui si è occupata hanno fatto parlare l’opinione pubblica: nel 2011 Roger Jean-Claude Mbédé è stato arrestato per “sospetta omosessualità” dopo che era stato intercettato un sms da lui spedito ad un altro uomo, in cui c’era scritto “Sono innamorato di te”. L’uomo è morto in prigione e il caso è ancora in sospeso. Il secondo caso invece riguarda due uomini arrestati nel 2012 “sulla base del loro aspetto, che è evidentemente effeminato, e perché stavano bevendo Bailey’s”.
Nonostante le continue minacce che subisce (non può essere infatti imprigionata perché lei non è lesbica), la donna continua a combattere: spesso viene chiamata “l’avvocato del demonio” e la sua famiglia è continuamente subissata di lettere intimidatorie, ma non ha paura. “Sono un po’ isolata a volte, ma è in occasioni come queste che devo dimostrare di essere forte: dobbiamo essere uniti in questa battaglia“.
Alice spiega che l’articolo 347 non era nel Codice Penale originale del Camerun risalente al 1965: è stato introdotto dal presidente Ahmadou Ahidjo che ha utilizzato, violando il principio della separazione dei poteri, le sue facoltà esecutive. La donna cerca di spingere affinché venga promossa la diffusione della Dichiarazione dei Diritti Umani anche in Africa, affinché questo abominio venga abolito: “Se ne parla negli studi e nei discorsi diplomatici, ma di fatto in Africa non è mai diventata una realtà”.
“Al momento non posso dire di esser riuscita a raggiungere tutti i miei obiettivi, ma penso di aver compiuto un primo passo in questa lotta di riconoscimento dei diritti degli omosessuali. Non penso che riuscirò a portare a termine il lavoro, ma spero di esser riuscita a creare un cammino per gli altri per continuare a combattere per la libertà“.
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.