Certi Diritti: “Regione Lazio censura siti gay”

I Radicali di Certi Diritti scoprono che la Regione Lazio considera i siti con la parola gay, compresi quelli di informazione come pornografici. La Polverini? Il "Goebbels de' noantri", dicono.

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"La pagina che si sta tentando di visualizzare è categorizzata come ‘Pornography’". E’ questo il messaggio che compare quando si tenta di accedere a siti di informazione gay dagli uffici della Regione Lazio. A rendere noto il caso, non l’unico purtroppo, è Sergio Rovasio, Segretario Associazione Radicale Certi Diritti e Capo Segreteria Lista Bonino Pannella, Federalisti Europei alla Regione Lazio.

«Quando dai pc della Regione Lazio si naviga su internet – dice Rovasio – e si richiedono indirizzi che hanno la parola "gay", scatta un’azione censoria che impedisce di aprire la pagina ed esce la frase: "Accesso non consentito. Motivazione: Le attuali policy aziendali non consentono l’accesso al sito richiesto. La pagina che si sta tentando di visualizzare è categorizzata come "Pornography"».
 

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Dietro alla censura ci sarebbe una strategia della governatrice Renata Polverini che a suo tempo decise di chiudere l’accesso ai social network per i dipendenti della Pisana, sede della Regione Lazio. «Dopo aver chiuso (e riaperto) nelle ultime 48 ore, l’accesso a decine di siti di informazione e social-network, ora è la volta dei siti che danno informazioni sulla comunità lgbt italiana. L’esempio più eclatante – spiega Rovasio – è dato dalla richiesta di accesso a siti di informazione che pubblicano spesso anche iniziative dei consiglieri regionali radicali del Lazio, ad esempio sulle unioni civili e per la lotta alle discriminazioni. Tra questi vi è il sito internet www.gay.it il più importante portale gay italiano».
 
«Occorrerebbe capire per quale motivo è stata attivata questa procedura che ha alcuni aspetti gravi: da una parte si considera la stessa parola gay come una parola pornografica e dall’altra si decide in modo autoritario, alla "Goebbels de noantri" di limitare l’accesso perché magari il contenuto non piace a chi sta nei piani alti».
 
«Ci auguriamo – conclude il segretario di Certi Diritti – che tutto ciò sia dovuto ad un errore e non ad una politica censoria avviata dai vertici della Regione Lazio».

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«Eravamo già a conoscenza – aggiunge il direttore di Gay.it Alessio De Giorgi – che diverse amministrazioni pubbliche e aziende "discriminano" il nostro sito internet, etichettandolo come pornografico e permettendo nel contempo l’accesso ai propri dipendenti a siti di vario genere che hanno contenuti spesso meno casti del nostro (sportivi, femminili e così via). Questa è una vera e propria discriminazione, che non permette di informarsi peraltro a persone – come chi lavora negli Enti Pubblici – che avrebbero proprio necessità di invece essere sensibilizzate sui temi dell’omofobia e del riconoscimento dei diritti civili alle persone lgbt».

 

Segnalaci il posto di lavoro pubblico o privato che blocca l’accesso ai siti gay

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