Sotto il gazebo bianco di viale Virgilio, nel centrale parco del Valentino, fervono i preparativi del body-painting ed è lunga la coda di chi si vuole fare pitturare il corpo dei colori più sgargianti con prodotti rigorosamente naturali. I seni femminili si trasformano rapidamente in variopinti fiori sbocciati mentre le schiene dei maschi si riempiono di scritte orgogliosamente ecologiste ("Green World", "No oil!"). È sabato pomeriggio e siamo al raduno torinese del World Naked Bike Ride che in Italia e Spagna prende il nome di Ciclonudista anche se da noi, ed è un paradosso, spogliarsi integralmente non si può. Infatti la Questura non ha concesso il permesso per il nudo totale e un cartello rinunciatario spiega come stanno le cose: «Per quest’anno solo topless… poi si vedrà! Dalla mutanda alla foglia di fico va bene tutto».
Un ragazzo che osa stare placidamente nudo in sella alla sua bici viene subito raggiunto da un agente della polizia in borghese che gli chiede i documenti. Lui non li ha, viene fatto rivestire istantaneamente con la minaccia di essere trascinato in Questura. Un quarto d’ora lo rincontriamo mentre si sta formando la testa del corteo che attraverserà il centro della città passando anche da piazza Castello per poi tornare al punto di partenza solcando via Roma e Corso Vittorio Emanuele. Indossa un paio di pantaloncini e sembra ancora piuttosto scosso. Si chiama Iacopo, è di Arezzo e solo da qualche mese vive a Torino. «Non ha senso una manifestazione in questi termini. Mi dà più fastidio che le persone siano vestite piuttosto che mi abbiano fermato. Hanno usato le solite maniere brusche. E meno male che non mi hanno fatto la multa. Credo nel naturismo come ottima forma di democrazia: quello che ho subito è una limitazione della libertà personale».
Anche altri ragazzi che esibiscono jockstrap o tanga ridotti vengono rimproverati e invitati a ricoprire le pudenda – tra gli agenti c’è anche una donna – con un abbigliamento più consono. Alla partenza della manifestazione, verso le 15.50, si incolonnano circa 300 partecipanti. Il via lo dà uno stentoreo: «Ci avete rotto i polmoni!». Quando il corteo imbocca Corso Cairoli in direzione piazza Vittorio, un giovane ciclista che riesce a spogliarsi in corsa esibendo due manate di vernice rossa sui glutei viene acclamato come un eroe: «Grande! Grande!». In via Po si forma un capannello di gente intorno a un altro temerario che ha osato togliersi le mutande e sta bisticciando con l’agente di turno.
Uno dei partecipanti ci spiega come stanno le cose: «L’autorizzazione l’avevano data ma la richiesta era in inglese e in Comune non hanno capito che "naked" vuol dire "nudo". Così hanno poi fatto retromarcia impedendo il nudismo integrale. Lo spirito è fondamentalmente quello ecologista, andare in bicicletta con naturalezza e divertendosi, un po’ come negli anni ’70». «Dobbiamo emanciparci dall’utilizzo delle automobili» afferma un altro ragazzo di nome Alberto che esibisce un grosso pene disegnato sul dorso. «Bisogna cercare consumi alternativi. A livello nazionale, riguardo al naturismo, c’è purtroppo un’opinione pubblica castrante e per l’Italia è ancora qualcosa di nuovo. Anch’io, devo ammetterlo, sono bloccato mentalmente dal levarmi il costume: ponendomi un ironico pene sulla schiena è come se fossi nudo!».
«È una manifestazione colorata, un modo fantasioso per divertirsi e uscire un po’ dagli schemi» aggiunge la sua amica Lorena. «La settimana scorsa ho partecipato sempre a Torino al Bike Pride per chiedere più piste ciclabili, è stato molto bello». «Penso che tutti seguiranno il primo che si spoglierà integralmente» conclude Alberto. «È un fenomeno di massa…». Purtroppo non è stato così, ma per fortuna il divieto imposto non è riuscito a danneggiare lo spirito divertito e pacifista della manifestazione. Ma il prossimo anno si riuscirà finalmente a organizzare un evento davvero naturista?
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