In Corea del Sud è in atto una vera e propria caccia alle streghe contro gli omosessuali all’interno dell’esercito, come denunciato da alcune associazioni impegnate nella difesa dei diritti umani.
Stando a quanto riportato dall’organizzazione Military Human Rights Centre of Korea (MHRCK), infatti, alcuni investigatori hanno creato una lista contenente circa 50 nomi di militari gay, adescati con finti profili sulle principali app di incontri dedicate agli omosessuali. L’iniziativa segue le richieste avanzate dal capo dello staff, il generale Jang Jun-kyu.
La sezione dell’Asia orientale di Amnesty International riporta di una prima pena scattata in maggio, quando un militare omosessuale è stato condannato a sei mesi di reclusione con la condizionale e sospeso temporaneamente dal servizio. Un altro militare, sentito più recentemente dalla Cnn, risulta sotto inchiesta da marzo, da quando cioè il suo ex compagno aveva ammesso la propria omosessualità di fronte agli inquirenti della giustizia militare: “Avevo paura quando mi hanno interrogato: l’atmosfera era opprimente e avvilente, io mi sono sentito umiliato e a disagio” ha confidato l’uomo – rimasto anonimo – al portale.
Risale ad aprile un comunicato diffuso dall’esercito della Corea del Sud: “Per mantenere sana la comunità militare e data la speciale natura della disciplina, le relazioni sessuali con soldati dello stesso sesso sono punite come condotta disonorevole”.
Amnesty, attraverso le parole della direttrice delle ricerche locale Roseann Rife, chiede dunque all’esercito di porre fine “immediatamente a questa caccia bigotta: nessuno dovrebbe essere perseguitato in base al proprio orientamento o attività sessuale né alla propria identità di genere”. L’omosessualità non è illegale nel Paese asiatico, ma i rapporti consumati tra persone dello stesso sesso sono vietati all’interno dell’esercito secondo l’articolo 92(6) del codice penale militare.
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