Molti conoscono Diana Casas per le sue apparizioni al Maurizio Costanzo Show. La sua storia è una di quelle che arrivano dirette al cuore, presentando nella vita di una sola persona un cammino che è anche manifesto della condizione di tante altre persone.
Diana è nata in Colombia, di sesso maschile, in una famiglia semplice con tanti fratelli. A otto anni Diana ha subito le prime violenze: "mi chiedevo: perché a me? Perché non si comportano così con mio fratello Jairo, o con gli altri bambini? Perché non lo fanno tra di loro? Se cambiavo scuola o quartiere tutto ricominciava daccapo… ". Sin da piccolissimo, insomma, capiva di avere caratteristiche sessuali particolari, che l’hanno portata poi a cambiare sesso.
Diana vuole fare conoscere la sua storia "perché le cose possano migliorare – dice – Penso ai genitori di bambini piccoli, perché riconoscano che i figli sono assolutamente al centro d’ogni attenzione e rispetto. E poi, perché devono pure far conoscere ai propri figli quel mondo semi-sommerso che, piaccia o no, deve emergere completamente.” Così ha accettato che la sua storia diventasse un libro, "Il Volo della Sirena", di Liliana Gimenez, edito da Renzo Editore, nel marzo 2000, libro che ha anche ispirato un film di prossima uscita.
Diana ha anche accettato di parlare con Gay.it della sua storia.
Da dove vieni, Diana, e come mai sei arrivata in Italia?
Vengo dalla Colombia, da padre spagnolo e madre tedesca. Fin da piccola volevo conoscere l’Europa. Ho conosciuto prima la Spagna, poi in Inghilterra ho fatto l’intervento per cambiare sesso. Mi piace l’arte, e per questo sono venuta in Italia. Ho iniziato a frequentare il corso di pittura nella Scuola d’Arte "Nuove Tecnologie", a Roma, e ho finito per specializzarmi a Firenze. Nel frattempo ho conosciuto l’uomo che poi ho sposato, un romano doc, e così il mio viaggio si e’ concluso a Roma, sette anni fa.
Nella tua infanzia c’è purtroppo una storia di violenza. Credi che quella esperienza abbia condizionato la tua decisione di cambiare sesso?
No assolutamente. La sessualità prende forma nel cervello del bambino prima dei cinque anni, ed io già a quattro anni mi sentivo femmina. Avendo subito violenza a otto anni, ormai era tutto risolto dentro di me, per cui la violenza sessuale non e’ entrata affatto col mio destino.
Come vedi il mondo delle trans italiane?
Molto difficile per quanto riguarda la legge. Problemi burocratici per cambiare nome, sposarsi, contrarre obblighi civili, ecc. In Colombia, dopo un test psicologico ed un altro psichiatrico, dopo appena un mese si ottiene l’autorizzazione per modificare i dati anagrafici.
E il mondo gay? Lo conosci, lo frequenti, che rapporti hai?
Gran parte dei miei migliori amici sono gay. Io letteralmente li adoro. Per la loro saggezza, la maniera leggera -anche se eloquente- con cui sanno prendere la vita, per la loro complicità, sensibilità, dolcezza e senso dell’umorismo.
Continui a subire discriminazioni?
Direi che mi sento poco discriminata. Secondo me l’ottanta per cento delle persone ci rispetta, il dieci per cento rimane indifferente, e un altro dieci per cento ci discrimina senza criterio. Ma per quel che mi riguarda non posso lamentarmi, anzi, vorrei proprio che la mia fortuna l’avessero altri meno fortunati di me.
Cosa credi che ci sia da fare in Italia contro le discriminazioni sessuali?
C’è ancora molto da fare. Prevale ancora una mentalità di radice fascistoide e di integralismo cattolicheggiante che pretende di rifarsi sulla nostra pelle dalle discriminazioni che loro stessi hanno subito in passato. La gente dovrebbe capire che anche noi possiamo essere cattolici e crediamo in Dio. I nostri martiri nei lager però sono stati bruciati, nascosti, mai rivendicati. Le famiglie hanno preferito tacere, anche se dovrebbe essere l’amore il sentimento prevalente e che dà corpo ad una famiglia.
Perché non iniziare finalmente a parlare dell’amore omosessuale, invece di accostare gay e trans solo all’attività sessuale? Un anno fa ho autorizzato la pubblicazione della mia biografia, raccolta dalla scrittrice argentina Liliana Gimenez (con me nella foto), con Di Renzo Editore (www.direnzo.it), con l’obiettivo di contribuire alla lotta contro le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale, provando ad avvicinare la gente cosiddetta "comune" alla nostra condizione di "diversità". E’ una storia bella da raccontare e bella da leggersi, infatti può essere letta da tutti, dai nonni agli adolescenti. Parte dall’epoca dei conquistadores spagnoli in America Latina, nella lussureggiante giungla colombiana, e finisce con il mio matrimonio al Comune di Roma. C’è una accurata ricerca storica, geografica, sociologica e antropologica. Ci piacerebbe fare un film, la sceneggiatura è quasi pronta, ed io sono disposta ad interpretare me stessa. Se visitate il mio sito potete ricavare ulteriori informazioni: www.dianacasas.com
Sei d’accordo con il matrimonio fra gay?
Le convivenze sono variegate, e i nostri ragazzi giovani convivono civilmente e tranquillamente fra etero, omo, transessuali, insomma una specie di grande famiglia, comunità o tribù dove si vive in armonia fra persone di razza, religione e identità sessuali diverse. Sì, mi piacerebbe proprio molto che i miei diritti odierni fossero estesi anche ai gay.
Che ne pensi delle cosiddette "proteste esagerate" che si svolgono durante i Gay Pride?
A grandi mali, grandi rimedi. Penso che ognuno abbia il diritto di protestare o di far sentire la propria voce come meglio crede, con la cravatta, il tailleur, le piume o le paillettes. Nel nostro caso lo facciamo anche spettacolarmente per attirare l’attenzione dei media, per non venire discretamente "dimenticati" dalla società.
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