Non esistono esami di ammissione se non quello di essere gay: questo è quanto chiede la Gaya Mater Studiorum di Bologna per farne parte. La prima Associazione gay di studenti universitari è viva e vegeta nella più antica Università del mondo da oltre dodici anni e sebbene raccolga pochi iscritti (cioè quelli che tirano la classica carretta) sono molti di più quelli che vi girano attorno anche solo per seguire le varie iniziative che si svolgono nell’… "Anno Accademico".
"Sì, ci teniamo ad identificare la nostra attività con quella classica dell’università – ci spiega Carlo, presidente da tre anni della Gaya (che cortesemente chiede di non rivelare il cognome)- e tra qualche giorno avvieremo i nostri cicli di attività tra cineforum, incontri e le collaudatissime feste che, ci tengo a dirlo, non vengono fatte con l’assillo dell’autofinanziamento ma soprattutto per il gusto di farle!".
Chi volesse "iscriversi" può farlo sbirciando al sito https://www.gayamater.cjb.net dove l’attività della Gaya viene costantemente aggiornata unitamente a tutte le altre informazioni del caso.
Da prima Associazione del genere in Italia, la Gaya poi, strada facendo, ha fatto proseliti in diverse altre città (Padova, Milano, Firenze per esempio) e per questo uno degli obiettivi da Bologna è quello di arrivare ad un coordinamento tra le varie Associazioni "sorelle".
Il fatto di essere studenti non è poi nemmeno un "fattore" determinante. "Si avvicina a noi – spiega Carlo – anche chi studente non è, o almeno non lo è a livello universitario. Poca, anzi pressoché nulla, la presenza di ragazze che non mi risulta abbiano fatto nemmeno associazioni dello stesso tipo per conto proprio. Da noi sarebbero le benvenute… Per un altro verso, un’altra caratteristica data quasi scontata dall’esterno, non è invece affatto vera: non abbiamo solo iscritti al Dams (la "mitica" facoltà inventata da Umberto Eco trenta anni fa sulle "scienze dello spettacolo", ndr) ma provengono invece da parecchie altre facoltà".
L’apertura ufficiale del nuovo "Anno Accademico" c’è stata lunedì 15 ottobre nella sede di via Belle Arti. "Ci si vede tutti i lunedì per parlare, discutere di problemi nello specifico, si è liberi di parlare come solo di stare ad ascoltare, insomma ci si aiuta senza sconfinare nell’autoanalisi ma semplicemente imparando a conoscersi. A me per esempio – ci tiene a dire Carlo – la Gaya è servita moltissimo per superare tutta una serie di problemi di inserimento sia in Università ma anche nella vita più in generale. E la stessa cosa, speriamo, possa rivelarsi anche per chi viene da noi".
Ora che anche nelle nostre Università prende piede l’orientamento per gli studenti, matricole soprattutto, la Gaya non nasconde il desiderio di esserne un degno esempio. "Non abbiamo le forze per fare le cose in grande stile, ovvio, ma ci piace pensare che uno studente gay, magari fuori sede, possa e voglia guardarsi attorno per cercare un appoggio o semplicemente degli amici e trovi noi…".
La Gaya non è tra le Associazioni riconosciute ufficialmente dall’Università ma per motivi più che altro burocratici; finora, dall’alto, nessuno si è sognato di mettere preclusioni particolari e, anzi, laddove si è presentata l’occasione, punti di contatto ufficiali ci sono stati con incontri-dibattiti, organizzati dalla Gaya, e tenuti da docenti dell’ateneo bolognese, tra l’altro presi d’assalto da un pubblico molto variegato.
"Un’altra cosa a cui teniamo in modo particolare – sottolinea Carlo – è la stretta collaborazione con il GASP di Bologna (Gay contro l’AIDS per la Salute e la Prevenzione) di cui in pratica siamo il braccio operativo. Cerchiamo di affrontare il problema Aids senza troppi fronzoli, chiamando le cose col loro nome e cercando di spiegare, con l’aiuto anche di esperti esterni, certe situazioni per come sono e per come vengono spesso vissute da noi gay, come il "battuage", le saune o le dark room. Insomma, la prevenzione prima di tutto".
di Ivano Barocci
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