Gay: razza orfana di un senso di appartenenza

Dall'inno di Mameli sussurrato alla convergenza coi Rom. Ma alla fine ciò che ci manca è proprio quella solidarietà che andiamo sbandierando. Considerazioni sul Roma Pride.

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Sabato ho raggiunto il corteo del Pride a piazza Navona. Ero curioso di ascoltare i discorsi dal palco. Uno si è messo perfino a cantare l’inno di Mameli, nel silenzio pressoché totale della piazza. Pochi si sono uniti a lui, più col movimento delle labbra che a voce piena. Alla scena grottesca ha subito replicato una ragazza, dichiarando di non sentirsi affatto orgogliosa di essere Italiana e riscuotendo un’ovazione che non lasciava dubbi sul senso patriottico dei presenti. D’altra parte, eventi sportivi a parte, sappiamo bene che il patriottismo – come quasi tutto in questo Paese – è legato principalmente a motivi di opportunità, né più né meno del sentimento religioso o del senso della famiglia. La polemica è stata chiusa da Franco Grillini, che ha argutamente ricordato come Goffredo Mameli sia morto combattendo contro il papa.

L’attuale successore di Pio IX è stato in seguito aspramente attaccato per le sue sfacciate contraddizioni, le stesse che i principali mezzi di comunicazione ignorano ogni volta che gli porgono obbedienti il microfono. Viene però da chiedersi se, usurpazione del vero spirito cristiano a parte, abbia ancora senso attaccare il Vaticano, che altro non è se non uno Stato estero con un atavico impulso espansionistico. Più logico sarebbe girare le responsabilità alla nostra classe politica. Anche in quel caso giungerebbe però, altrettanto logica, una domanda: "Come mai nel nostro Paese, chiunque sia di turno al potere non riesce mai a risolvere uno stallo apparentemente tanto semplice? Come mai si impastoia in questioni di natura ideale proprio chi di ideali è privo? La stessa Vladimir Luxuria che ha attaccato duramente la Chiesa ma anche il passato Governo – dicendo peraltro cose sacrosante – nella passata Legislatura è stata parlamentare di un partito di Governo. E votò il rinnovo dell’esenzione dell’ICI per tutti i beni ecclesiastici.

Un’altra cosa che ha particolarmente colpito la mia attenzione è stata la convergenza sbandierata a parole con altre minoranze e gruppi di protesta. E’ vero che anche in questo Pride avevano sfilato gruppi di sostenitori esterni solidali con le nostre battaglie. Ma il coro di fratellanza universale levatosi da parte delle associazioni gay non credo fosse condiviso da tutti i presenti. Perché – a mio modesto avviso – gli omosessuali, intesi come comunità, sono assai poco capaci di far fronte comune. Caustici, a volte invidiosi, aggressivi, contraddittori, irrisolti, siamo una razza orfana di un reale senso di appartenenza, priva di un denominatore comune più nobile ma altrettanto profondo del semplice sesso. Basta fare un salto in qualunque forum presente su questo sito per accorgersene, a cominciare dalla polemica puerile sul numero dei presenti al Pride.

Le battaglie civili in un’Italia tanto ipocrita avrebbero potuto essere un vero collante. Ma non lo sono diventate. Perché ad alcuni nulla importa dei riconoscimenti delle coppie. Perché molti sono sposati o fidanzati o hanno preso i voti o comunque si nascondono. O sono egoisti e indifferenti e magari sufficientemente ricchi da avere quello che vogliono potendolo comprare. O sono contrari a certe rivendicazioni, al matrimonio, alle adozioni. O semplicemente non condividono i modi e le forme delle battaglie e si aggiungono al coro di quanti pensano che il Pride non sia altro una sciocca Carnevalata. Se dunque molti non sposano la causa comune, perché dovrebbero combattere per cause di altri? La mia opinione è che noi gay, una volta che i problemi non toccano il nostro orticello, non siamo affatto più generosi degli altri. Se ci lamentiamo per ottenere solidarietà da fuori, poi non siamo altrettanto pronti a concederne.

Inoltre, credo che ci siano minoranze (tali almeno nel nostro Paese), che poco hanno a che vedere con noi. Mentre sabato sul palco qualcuno diceva di essere Rom, Sinti, Musulmano, ecc., ad intendere solidarietà con essi, io pensavo che non ci fosse nulla di più distante. Prima di tutto perché in tali gruppi etnici, del tutto assenti al Pride, i gay non mi pare vengano accolti con il sorriso. E poi, forse, perché a buona parte di noi loro non piacciono. A me, personalmente, dà fastidio qualsiasi cultura maschilista e confesso che preferirò sempre avere a che fare con un Alemanno che con un Ahmadinejad e ritrovarmi in piazza Navona piuttosto che sulla forca.

Quanto alla povera Carfagna, ritengo sia giusto assolverla. Come Luxuria votò pro Vaticano per direttive dall’alto, allo stesso modo lei, così impreparata e palesemente inadatta a fare il ministro, non potrà mai esserci più utile del cuscino del mio divano. Fingendo di prestare attenzione alle nostre richieste si guarderà sempre dall’urtare la sensibilità dei veri potenti per non perdere quel ruolo istituzionale ritrovatasi per un caso fortuito. Da un ministro con le mani legate non ci si può aspettare altro che parole di circostanza. Sbagliamo a prendercela con lei, pretendendo coraggio e cervello, non solo più di quanto sia lecito aspettarsi, ma anche più di quanto noi stessi mettiamo in campo per le nostre battaglie.

Mentre eravamo in piazza Navona, alcuni militanti di Facciamo Breccia protestavano contro la mancata concessione di piazza s. Giovanni tentando di manifestare in Piazza s. Pietro. Se li avessimo seguiti in massa forse la cosa avrebbe potuto avere un seguito, chissà. Così invece è rimasto solo uno dei tanti generosi ma sterili lampi di sapore radicale. Insomma, se a noi gay mancano il coraggio e la voglia di combattere uniti le nostre battaglie, ha poco senso poi lagnarsi che un ministro da barzelletta non sappia tutelarci abbastanza.

di Flavio Mazzini

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