Aggiungere polemiche alla già controversa visita del leader libico Muammar Gheddafi è sterile, se non altro perché ci ha pensato lo stesso Gheddafi a dare materiale sufficiente alla stampaper criticarlo. È giusto però ricordare un paio di dati relativi alla vita di gay e lesbiche nel paese, alla più generale accusa di violare i diritti umani nel paese africano.
Potremmo iniziare dicendo che i rapporti tra persone dello stesso sesso sono proibiti dalla legge. È il codice penale del 1953 a stabilirlo ponendo fuori legge qualsiasi tipo di rapporto sessuale al di fuori del matrimonio. In particolare, l’articolo articolo 407 pone la fornicazione extraconiugale sullo stesso piano dello stupro, dei rapporti con i minori di 14 anni, con la servitù e i malati di mente. L’articolo successivo, il 408, stabilisce nel termine minimo di 10 anni la condanna che può essere comminata. Tanto meno vi è la possibilità per le coppie non sposate, e quindi per le coppie dello stesso sesso, di adottare bambini.
In Libia non esiste libertà di espressione né di associazione per cui è esclusa qualsiasi possibilità di organizzare manifestazioni come i Gay Pride né è possibile costituire gruppi o associazioni gay in tutto il paese. Nessuna tutela è prevista dalla legge contro le discriminazioni nei rapporti sociali e sul lavoro sulla base del proprio orientamento sessuale.
Omosessualità e transessualità non vengono distinte tra loro ma finiscono nello stesso calderone legale. Una delle conseguenze è la mancata regolamentazione per quel che riguarda la riassegnazione del sesso anagrafico e il cambio del nome sui documenti.
Se dichiararsi omosessuale è di per sé pericoloso (tanto che le guide turistiche specializzate raccomandano di non scambiare effusioni in pubblico e di non tenersi la mano col partner per strada), figurarsi dover fare coming out per entrare nelle forze armate: l’ingresso agli omosessuali nell’esercito è proibito.
Il divieto di entrare nel paese per le persone lgtb non è espressamente previsto. Tuttavia, l’asilo politico per motivi di persecuzione sulla base dell’orientamento sessuale non è consentito. Del resto quale omosessuale chiederebbe asilo politico in Libia per le persecuzioni subite sulla base del proprio orietamento sessuale nel proprio paese?
Quando il libico Ali Abdussalam Treki divenne presidente di turno dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite – che doveva ancora discutere la risoluzione per la depenalizzazione dell’omosessualità – dichiarò subito che l’omosessualità "non è davvero accettabile". "È una questione molto sensibile, molto delicata. Come musulmano non sono a favore della depenalizzazione. Penso che l’omosessualità non è assolutamente accettata dalla nostra religione, dalla nostra tradizione. L’omosessualità non è accettata dalla maggioranza del mondo. Ci sono alcuni paesi che la permettono, pensando che essa sia è una sorta di argomentazione democratica. Io penso che non lo sia".
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