I RAGAZZI DEL PRIDE

Parlano i gay e le lesbiche che hanno sfilato

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3 min. di lettura

Normalità. E’ un concetto ricorrente tra i 50 mila del Pride milanese. La sfarzosità, la stravaganza che spesso ha caratterizzato negli anni passati i Gay Pride sta lasciando sempre più spazio alla normalità anche nello scendere in piazza, senza rinunciare ai colori e all’allegria che è propria di una manifestazione come il Pride.

A Milano sono venuti un po’ da tutta Italia, ma soprattutto dall’estero, dal nord Europa, Svizzera, Francia, Germania, ma anche Canada e Argentina.

Proprio come Marcos: 25 anni, argentino dice di aver accompagnato il “suo muchacho”. E ci racconta che vorrebbe un passaporto italiano, venire ad abitare in Italia perché essere gay in Argentina è ancora troppo difficile.

Non fanno nulla di diverso, rispetto agli altri giorni dell’anno, Silvia e Monica. Da due anni fidanzate e conviventi sfilano mano nella mano. Ma “mano nella mano” –ci raccontano- vanno anche al supermercato, in birreria, al cinema. Per Silvia manifestare un giorno solo all’anno come si è fatto ieri a Milano, è troppo poco.

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"La gente ha bisogno di capire, di abituarsi – dice – La prima volta ti guarda male, la seconda sorpreso, dopo un mese, tre mesi… non ci fa più caso… e allora ecco che l’obiettivo è stato raggiunto".

Luca e Aldo il Pride se lo sono fatto sui rollerblade. A dorso nudo, occhiali da sole, auricolari, assolutamente maschietti e “insospettabili” confessano che è stato “difficoltoso farsi il percorso sui pattini, ma molto bello e divertente”. E poi aggiungono di essere “venuti per far vedere alla gente che il gay è una persona normale, proprio come loro”.

Stefano, invece, arriva da Torino. Si è fatto 150 km perché, dice, “per ogni 10 che manifestano ce ne sono 100 ancora chiusi in casa, e forse molti non sanno nemmeno di essere gay. Noi siamo qui per quei 100”.

Tra i colori di bandiere, magliette e cappellini non passa inosservata

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Ilaria, 21 anni, da uno a Londra ma al Pride non ha voluto mancare e, soprattutto farsi notare, vestita da coniglietta color fucsia con tanto di orecchiette in tinta. “Londra è molto diversa, la comunità gay è molto più integrata, ma Milano – conferma – l’ho trovata molto cambiata nell’ultimo anno, anche da questo punto di vista, ma c’è ancora molta strada da fare”.

Non sono mancati nemmeno X e Y, i due mascherati, i due ragazzi che già si erano fatti notare (paradossalmente) a Roma per il loro anonimato. E anche ieri qui a Milano hanno sfilato per le strade della città mascherati perché non possono permettersi di far sapere alla società che sono gay. X 27 anni, di Milano è manager in un’impresa editoriale e lì – assicura lui – essere gay dichiarato sarebbe una grave discriminante. Y, il fidanzato è originario della Cina e per la cultura che c’è nel suo Paese, ma anche in Italia, se i suoi genitori venissero a sapere che è gay avrebbero un dolore immenso.

Sabrina, invece, si dice costretta a manifestare per ottenere qualcosa che dovrebbe già avere… ma “in Italia sono troppo cattolici… troppo”: scuote la testa ed si allontana. Intanto però anche un’altra barriera è stata infranta. La barriera che si chiama Milano, che nonostante la sua folta rappresentanza gay che popola ogni giorno la città non aveva mai avuto un “gay pride”.

Le foto sono tratte da www.arcigaymilano.org

di Paolo Bollani

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