LA SQUADRA DI IMMA

Imma Battaglia, leader dell'associazione Di' Gay Project, sarà Fernando Vacui, un trans, nell'episodio 180 de La Squadra, in onda mercoledì 26 aprile su RaiTre. Abbiamo fatto due chiacchiere con lei.

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Tu sei una matematica. Come sei passata dagli spazi di Banach a quelli di un set cinematografico?
Per caso, senza alcuna logica particolare. Un mio amico attore, Walter, che da sempre è convinto che io abbia un viso e una mimica interessante per il cinema e la televisione, aveva saputo che la Grundy, la società di produzione della Squadra stava cercando un/una attore/ice per recitare la parte di una transessuale ftm, Fernando Vacui, e ci tenevano molto a questo ruolo. Sai che la Squadra è una fiction molto reale e attenta al sociale e il loro obiettivo era di evidenziare la difficoltà quotidiana delle persone transessuali e la loro insicurezza sociale dovuta ad una storia “troppo grande per troppe persone” come recito nell’episodio.
Da spettatrice, eri una fan del telefilm ‘La Squadra’?
No, io non sono una grande telespettatrice in generale, vedo poche cose e mirate, ovviamente dopo aver conosciuto tutto l’ambiente de “La Squadra” sono stata affascinata e ho saputo apprezzare molto questa fiction per la professionalità, le scelte delle sceneggiature, tutto il personale, costumista, truccatrici e truccatori, cameraman, Donatella Maiorca e Luca Ribuoli, i due registi con cui ho lavorato, “l’agente Spanò” Michela Andreozzi, che mi hanno sostenuto e aiutato molto ad uscire dal mio imbarazzo.
Hai recitato con i protagonisti del serial (Carpentieri, Bonetti, Sperandeo, Wertmuller)?
Eh sì, ho recitato con Massimo Wertmuller, Michela Andreozzi, Mario Porfido, Gennaro Silvestro. Avevo una paura incredibile, proprio come una ragazzina agli esami. Ero imbarazzata, non sapevo come muovermi, pensavo di non essere all’altezza della loro bravura. Prima di girare stavo lì a guardarli per rubare ogni piccolo segreto, ogni piccola mossa che potesse aiutarmi, timorosa e rispettosa di una complessità di un mestiere d’arte che io non conoscevo, che non avevo mai visto dall’interno e di cui non facevo parte. Loro però sono stati tutti grandi solidali protagonisti mi hanno fatto sentire a casa, mi hanno incitata e mi hanno preso per mano confidandomi tutti quei piccoli trucchi che ti permettono di entrare nella parte e recitare la tua parte insieme agli altri, che è la cosa più difficile.
Come si è svolto il provino? Tra quante candidate sei stata scelta?
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Come si è svolto il provino? Tra quante candidate sei stata scelta?
La Grundy Italia mi ha contattato, mi hanno mandato il copione, io l’ho studiato con la mia compagna e con un po’ di amiche, poi mi hanno convocato e mi hanno chiesto di recitare la parte davanti ad una telecamera. Quello è stato il momento più difficile e più imbarazzante di tutta questa avventura. Nonostante io fossi avvezza alle telecamere, il fatto di recitare una parte, di non parlare di politica e di non poter andare a braccia, è stato davvero duro. Loro hanno fatto di tutto per mettermi a mio agio e mi hanno detto che sapevano che io non fossi un’attrice e che volevano proprio la mia spontaneità nel ruolo. Mi hanno anche detto che se poi fossi stata scelta dovevo comportarmi da attrice e seguire tutte le regole del lavoro senza alcuna scusante, con il massimo del rispetto degli orari, degli altri attori e dell’esigenze della produzione, e per me che non conoscevo nulla per un attimo è stato terrificante perché non avevo alcuna immaginazione su quale fosse il mondo dove entravo.
Che cosa ti ha affascinato del ruolo di Fernando Vacui e della sceneggiatura di Francesca Serafini?
La realtà con cui è stato raccontato, l’attenzione con cui le insicurezze di Fernando venivano raccontate alla Polizia a cui lui di presenta spontaneamente dopo essere stato coinvolto in un furto di cui non aveva alcuna responsabilità, ma di cui viene denunciato semplicemente perché è sempre timido e riservato per via della sua condizione.
Come ti sei preparata per questo difficile ruolo di trans FtM?
Vedi, nei miei lunghi anni di attivismo glbt, ho incontrato molte persone transessuali ftm e conosco molto bene il loro disagio nella fase in cui affrontano il cambiamento fino a quella del riconoscimento giuridico e questo lungo iter in cui appaiono uomini ma sulla carta d’identità sono ancora donne li inibisce, li rende molto insicuri, gli rende difficili il lavoro, il viaggiare insomma è come se fossero agli arresti domiciliari, incarcerati in una cella burocratica che ha tempi lunghissimi e che li immobilizza. Proprio per questo il movimento Transessuale si batte, da anni, per quella che si chiama la Piccola Risoluzione per permettere il cambiamento del nome di nascita non appena si iniziano le cure ormonali e ancor prima di terminare tutti gli interventi.
Quante pose hai fatto? Dove si sono svolte le riprese?
Ho girato tre pose a Napoli, nella mia città di nascita. La prima posa l’abbiamo fatta nell’ex Italsider, l’acciaieria, a Bagnoli. Non ero mai entrata in quel complesso, in quel mostro industriale che aveva rovinato uno dei posti più belli di Napoli di fronte all’isola di Nitida. Avevo sempre odiato quello scempio che avevano fatto di Napoli e poi quando ci sono entrata dentro mi sono resa conto ancora di più della bellezza di quell’area e spero davvero che il progetto di recupero di Bassolino possa andare in porto e iniziare presto.
Ti piacerebbe fare carriera nell’ambito cinematografico?
Ma guarda questa è stata una bella esperienza e se potessi farne altre non mi tirerei indietro, ma sono cosciente e consapevole che questo non è il mio lavoro, ho studiato scienze matematiche e amo il mio lavoro di informatica, non vorrei fare una concorrenza sleale ad attori/ici di cui rispetto la professionalità e la fatica per avere anche piccole parti come quella di Fernando.
Sei anche una storica attivista del movimento omosessuale. Di che cosa si occupa nello specifico l’Associazione Di’Gay Project di cui sei presidente?
Sì io ho iniziato nel 1989 ad impegnarmi per i diritti delle persone gay, lesbiche e transessuali e per anni ho dedicato la mia vita alla realizzazione del World Pride del 2000 a Roma. Digayproject Onlus si occupa appunto di diritti GLBT partendo da un approccio progettuale che si basa sulla consapevolezza e sull’orgoglio di essere gay, lesbica, transessuale. Abbiamo realizzato convegni, il premio “Maria Baiocchi” per tesi di laurea e dottorati di ricerca sugli studi di genere ed abbiamo ideato insieme a Federico, Annachiara, Claudio e Daniela, BEO srl, il GAY VILLAGE, una delle più importanti manifestazioni dell’Estate Romana.
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