Sesso a tre prima dell’omicidio, forse. Marco Prato che con i tacchi a spillo, vestito da donna, aspetta insieme a Manuel Foffo l’arrivo di Luca Varani nell’appartamento in via Igino Giordani, al Collatino. Manuel Foffo che si dichiara eterosessuale agli inquirenti e non riesce – a quanto pare – a far sesso con altri uomini se non si mettono almeno una parrucca, ma poi assiste al rapporto tra Marc e Luca che ha cercato voluto perché cercava un maschio da stuprare. No, non è un film di Almodovar, è tutta realtà, o almeno quella che ha raccontato Marco Prato al giudice per le indagini preliminari. E, come avevamo già sostenuto lunedì scorso nell’editoriale del nostro direttore , emerge in tutta chiarezza che questo delitto è tutto figlio, almeno in due delle tre persone coinvolte, della peggiore repressione omofobica.
Secondo Marc, Manuel non accettando e negando la sua omosessualità, accettava di avere rapporti solo con il travestimento del futuro complice. La scintilla dell’omicidio nasce così in Foffo proprio durante un rapporto a tre con Luca, in cui Manuel interviene “dopo aver leccato i tacchi a spillo ed essersi fatto camminare sul corpo partecipando all’eccitazione sessuale”. Ha raccontato Marc Prato al giudice: “Manuel era come impazzito mi ha chiesto prima di versare un farmaco nel bicchiere di Luca e poi dopo che questo aveva cominciato a stare male mi ha chiesto di ucciderlo: ‘Questo stronzo deve morire‘, urlava in preda a un improvviso e insensato odio e repulsione verso Varani”. Anche la ricerca di una vittima sarebbe nata per assecondare una fantasia di Manuel: “Voleva simulare uno stupro con un prostituto-maschio“, dice Prato e non trovandolo nel loro giro in auto, i due chiamano Varani. Prato spiega così la sua partecipazione al delitto: “Ero infatuato di Manuel e ho cercato di assecondare la sua follia omicida, obbedendo in modo passivo alla sua richiesta di strozzarlo”. Marc dice di averci provato a mani nude “ma senza riuscire a stringere in modo da ucciderlo”. Anzi, “Luca pareva voler combattere per rimanere in vita”. A quel punto, mette a verbale Prato, affiancato dal suo avvocato Pasquale Bartolo, interviene Foffo e “in preda a una furia bestiale inizia a colpirlo con il martello in testa, adirandosi sempre di più per non riuscire, nonostante tutti i colpi, a provocarne la morte e chiedendomi ripetutamente di aiutarlo”.
Nella versione di Prato il suo intervento è quasi un gesto pietoso per la vittima: “Ho iniziato a pensare che Luca era ormai in fin di vita e sarebbe stato meglio aiutare Manuel a portare a termine la sua azione omicida per evitare che soffrisse ancora”. Insomma, riassume il gip, “secondo la descrizione di Prato, le plurime ferite e i colpi inferti tutti da Foffo non erano pertanto rivolti a provocare inutili sadiche sofferenze alla vittima, ma sarebbero stati tutti per uccidere e il conseguente accanimento di Foffo era dovuto soltanto all’incapacità di assestare dei colpi mortali”.
Foffo, da parte sua, pur avendo “ricordi più frammentari”, fornisce una “descrizione nettamente in contrasto” con quella di Prato. L’unico punto in comune è l’ammissione di aver agito assieme. “Non sono attratto dagli omosessuali – precisa incredibilmente – e prima dell’arrivo di Luca, nei tre giorni trascorsi assieme, ho avuto con Marc solo un rapporto orale a causa dell’alcol e della droga che avevamo assunto”, esordisce, quasi a mettere le mani avanti, come se essere omosessuale fosse uno stigma peggiore di quello di essere un omicida. Il travestimento da donna di Prato resta per Foffo “inspiegabile”. Ma soprattutto è diversa, nel suo racconto, la genesi della decisione di uccidere. “Un’idea delirante — scrive il gip — maturata già il giovedì durante l’uscita in macchina in cerca di una vittima che si sarebbe poi tacitamente concretizzata quasi come un accordo tra loro alla vista di Luca nella mattina di venerdì”. Una versione, questa, che poi Foffo ha parzialmente modificato nei successivi interrogatori, affiancato dall’avvocato Michele Andreano. L’ultimo ieri pomeriggio, in cui ha chiesto di poter chiarire al pm Francesco Scavo alcune dinamiche sui rapporti con il complice: “Mi sentivo minacciato da lui”.
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