ROMA – “Dobbiamo finalmente far comprendere alla società civile che la questione del Pacs, delle coppie di fatto, che coinvolge milioni di cittadini del nostro Paese, è divenuto più che un diritto inalienabile, si è fatto questione di pura democrazia”.
Di questo ne sono convinti tutti, relatori e uditorio convenuti alla ‘Sala del refettorio’ della biblioteca della Camera dei Deputati, per il convegno: “Patto civile di solidarietà – Una prospettiva europea per le convivenze italiane”, organizzato da “Gayus” insieme al “Master dei Diritti” dell’Università “La Sapienza” di Roma e dalla Fondazione Lelio Basso. Alla vigilia del Kiss2Pacs, eminenti giuristi e organizzazioni omosessuali si confrontano e spronano l’Italia a non rimanere l’unico posto nel Vecchio Continente, dove le coppie di fatto non hanno tutele istituzionali, nonostante la Comunità Europea abbia rivolto inviti pressanti ai nostri legislatori. Una cosa sembra certa: con la compagine governativa attuale, l’intento di dare una soluzione alle convivenze italiane sembra lontano e inaccettabile da una maggioranza troppo legata e attenta alle pressioni che giungono d’Oltretevere.
Alberto Baliello, presidente di “Gayus”, l’organizzazione omosessuale nata a Udine lo scorso anno, con una trentina di associati tra avvocati e giuristi, apre il convegno ricordando il parallelismo tra la legge sulla procreazione assistita e il Pacs. Nulla di strano se il Pacs è inviso ai tanti legislatori che non vedono di buon occhio il sostegno alle donne che non possono procreare. Stefano Rodotà, direttore del Master Diritti della persona, che al convegno cerca di ridisegnare i principi liberali per poter parlare di libertà del cittadino, ci spiega: «Tanti di noi ricordano gli scontri istituzionali su aborto e divorzio. Fu quello, come lo è adesso per il Pacs, un confronto serrato e conflittuale tra modelli culturali. Oggi non è più sostenibile la famiglia matrimoniale, siamo di fronte a un riassetto delle libertà individuali e una legge sui Patti civili di solidarietà contribuirebbe non poco alle libertà del corpo e delle scelte relative. Chi pone divieti costituzionali, sappia che ci sono articoli come il 9, il 21 e 22 della nostra Costituzione che ci indicano la strada da percorrere».
Gilda Ferrante, ordinario di istituzioni di diritto privato all’università di Genova, parla dei principi costituzionali e regole di diritto privato. «La riforma della famiglia ha già cambiato il volto delle unioni, in funzione degli individui e non più dello Stato. Le formazioni sociali sono promosse per affermare i diritti, con una pluralità di modelli familiari. Nel diritto di famiglia vi sono tutele adeguate nel quadro dei principi costituzionali, e vi è anche il provvedimento legislativo del 2001 che istituisce organi di protezione.
In Europa si è sentita l’esigenza di tutelate i rapporti di coppia etero e omosessuale, mentre da noi spesso si deve far ricorso al giudice. Inoltre, da noi, sono esigue le coppie che utilizzano l’atto notarile come protezione del rapporto e, quando è il giudice a intervenire, le regole non sono soddisfacenti. La “Carta di Nizza” può aiutare sui diritti delle famiglie, valorizzando l’autonomia delle persone».
Spesso sono le persone a non conoscere, a non servirsi delle disponibilità legislative europee, o di quelle minime che esistono in Italia, pressati da una larga tendenza alle discriminazioni. «E’ vero – dice Franco Grillini – e questo perché vi è una tendenza demagogica ad attribuire agli omosessuali, i problemi della famiglia tradizionale. L’impatto con l’Europa sulle coppie di fatto è quasi nullo, grazie al potere di veto di cattolici e Vaticano. La maggioranza parlamentare attuale ha una fisionomia tutta clericale e non ci si rende conto che stanno anche violando molte libertà costituzionali. Questo avviene anche in alcune Regioni, come quella del Lazio, dove Storace ha tolto ogni tutela alle donne madri. Vi è una paranoia ultrafamilista perché ci si rende conto dei cambiamenti sociali e del desiderio sempre più pressante delle coppie omo, di rivendicare diritti inalienabili. Il Pacs è una legge che non risolve i diritti dei gay, ma resta per noi uno strumento adeguato e che può ottenere il maggior concentramento di opinioni favorevoli. Dobbiamo pensare alla parentalità affettiva che prenda il posto della solitudine». E a questo proposito ricordiamo la calendarizzazione sul Pacs che dovrebbe avvenire alla Camera tra una o due settimane. Raffaele Torino, ricercatore di diritto privato comparato all’Università di Roma3, parla delle convivenze stabili, quelle condite da affezione e sessualità.
Parla del percorso europeo sulle coppie di fatto, dell’Italia che praticamente è rimasta la sola a non legiferare. I Paesi scandinavi sono stati i primi, seguiti da altri Stati a dare legittimazione attiva alle coppie omosessuali. Di queste leggi esistenti, sappiamo che sono state più le coppie etero ad averne usufruito. Da noi, pur mancando leggi adeguate, esistono forme giuridiche cui appoggiarsi. Giulio Ercolessi, di “Critica Liberale” spiega. «Si dice spesso che i costituenti erano preoccupati di non menzionare nella Carta costituzionale i matrimoni gay. Eppure il riconoscimento di altre famiglie non ha nulla a che vedere con l’articolo 29, perché non incide sui diritti delle famiglie matrimoniali. Bisogna rispettare e concedere diritti a quanti non vogliono o possono sposarsi». E infine Francesco Bilotta, dottore di ricerca all’Università di Trieste, pone l’accento sugli atteggiamenti di stupida indifferenza, come quella recente del governatore di centrosinistra Riccardo Illy, e di come la “Carta di Nizza” sottolinei non solo il ritardo italico, ma ha un valore pratico sulle tutele delle convivenze, aiutando a capire che senza questi diritti vengono violati i diritti umani.
di Mario Cirrito
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