In seguito al provocatorio invito dell’assessore padovano Maurizio Saia rivolto al vescovo della città affinché facesse sentire la sua voce nel coro di polemiche che sta già accompagnando l’organizzazione del Pride 2002 (vedi articolo), Graziano Debellino, leader triveneto di Comunione e Liberazione, interviene affermando che la “chiamata alla crociata” di Saia non ha alcun senso.
«Sono stupito – afferma Debellino dalle pagine del Gazzettino – che si voglia affidare alla Chiesa un compito di moralizzazione dei costumi che non le appartiene. La Chiesa non deve intervenire a giudicare o a punire, ma deve calarsi nella società senza compiti inquisitori, solo accompagnandone i mutamenti. Prostitute. Omosessuali e mafiosi c’erano anche ai tempi di Gesù, ma Gesù non li ha mai emarginati né puniti».
«Mi chiedo – prosegue Debellino – perché a questo punto la Chiesa debba impedire la manifestazione del Gay pride quando non si è opposta alla trasmissione del Grande Fratello. Mi sembra che sia importante rispettare la missione della Chiesa, che fa la sua strada nel mondo, ma che non deve imporne le leggi. Vediamo proprio in questi anni, in altre parti del mondo, quali possono essere le conseguenze di un’istituzione religiosa che pretende di imporre le proprie leggi alla società».
«A me – conclude Debellino – interessa soprattutto che sia rispettato il cuore della missione della Chiesa, che non è quello di moralizzare i costumi. Cristo non ha mai fatto processi».
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