ROMA – Sacerdote, abusato sessualmente per 8 anni a partire da quando ne aveva 10-11, indotto al silenzio, prima che dallo stesso abusatore, da un’educazione cattolica improntata alla teologia sacrificale, don Stefano Federici, decide di venire allo scoperto e racconta – siamo nel luglio 2000 – in un’intervista alla trasmissione televisiva "Sciuscià", dedicata quella settimana al Gay Pride, la sua tremenda esperienza nella comunità cattolica e nella Chiesa. E comincia ad essere "perseguitato" – questa la parola che usa – dal suo cardinale, il card. Camillo Ruini, essendo don Stefano un prete di Roma. Ma nell’intervista che don Stefano ha rilasciato recentemente all’agenzia cattolica Adista, a "viso scoperto", con un coraggio davvero inusuale nella Chiesa, soprattutto relativamente a questi temi, non c’è la denuncia solo di un "accanimento" nei suoi confronti, bensì la denuncia di una complicità strutturale ecclesiale ed ecclesiastica, di una omertà. Scriveva d’altronde don Enzo Mazzi della Comunità dell’Isolotto di Firenze, su "il manifesto" dell’8 maggio che la Chiesa, in nome di un amore materno che vuole mantenere gli uomini bambini e che educa i bambini al senso del peccato, del sacrificio e del perdono, ha sviluppato una teologia, e una pratica, "strutturalmente pedofila".
Fin dall’inizio del suo sacerdozio, l’attività pastorale di don Stefano è stata volta alla catechesi sacramentale, ai giovani, ai disabili, ai tossicodipendenti, per i quali ha fondato un Centro di Ascolto Caritas. Ha dato vita anche alle Comunità di Emmaus per la formazione alla fede degli adulti e ha prestato il suo servizio presso le parrocchie romane di S. Luca Evangelista, Nostra Signora di Coromoto, Nostra Signora del Suffragio, in quella della Natività. Nel 1996 è stato nominato vice rettore della Rettoria di S. Salvatore, dove ha svolto principalmente un’attività di consulenza privata di carattere psicologico-spirituale per persone separate o risposate, omosessuali e transessuali, per vittime di abusi. Qui ha ospitato per un breve periodo l’équipe di psicologi e psicoterapeuti che, sugli stessi temi, stava lavorando alla progettazione del Centro Arcobaleno di Pastorale Speciale.
La "consulenza esterna" che don Stefano ha offerto a questo Centro, nonché le consulenze private, sono motivo del "Decreto" di pena del card. Ruini, datato 27 novembre 2000. Ma al contempo nel "Decreto" gli viene contestato di aver reso noto ai microfoni di "Sciuscià" il suo personale orientamento omosessuale. Cosa che don Stefano smentisce recisamente. Alla fine delle contestazioni, al sacerdote si fa "divieto di utilizzare le strutture della Rettoria S. Salvatore della Corte (…) anche solo per incontri con persone omosessuali, come anche di continuare qualsiasi attività volta a promuovere questa o altre iniziative con finalità analoghe"; e gli si chiede di presentare "un documento scritto nel quale esplicitamente professi la sua assoluta fedeltà e il suo religioso ossequio al Magistero della Chiesa in materia di pastorale delle persone omosessuali e di valutazione morale delle tendenze e dei comportamenti omosessuali". Qualora don Federici non avesse ottemperato "agli obblighi di cui sopra" entro il 15 dicembre successivo, sarebbe incorso, si legge nel "Decreto", "nella censura della sospensione latae sententiae, restandogli vietato ogni atto della potestà sacramentale d’ordine".
Di tutto questo, fino agli ultimi eventi che vedono il sacerdote privato di casa e stipendio, don Stefano parla nell’intervista che Adista pubblica nella versione cartacea e in quella internet per gli abbonati.
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