Manca meno di un mese al Roma Pride 2018, annunciato per sabato 9 giugno e dedicato dagli organizzatori alle partigiane e ai partigiani che hanno combattuto per liberare l’Italia, oppressa e occupata da fascisti e tedeschi.
Tina è una ragazza di 93 anni, Modesto un giovane di 92, Susanna di anni ne ha 20, Thomas 18, Dante 19, Benny 43, Alex 39. Sono questi i volti della campagna pubblicitaria, immortalati dal romano Fausto Podavini, premiato al World Press Photo.
Da sempre promotore di posizioni e ideali profondamente antifascisti, il Coordinamento Roma Pride ha quest’anno scelto di dedicare la grande parata del 9 giugno a quelle ragazze e a quei ragazzi che più di 70 anni fa portarono avanti la Resistenza e la lotta di liberazione partigiana.
“Ma non si tratta di una mera celebrazione“, precisano gli organizzatori, “bensì di un impegno che il movimento LGBTQIA+ romano si è assunto nel portare avanti la storia e la memoria di quella lotta“. Un percorso politico iniziato da tempo dal Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli a fianco dell’ANPI di Roma e che ha visto le diverse realtà associative LGBTQIA+ sfilare in prima fila a Roma il 25 aprile.
“Ci sentiamo parte di quella lotta – dichiara Sebastiano Secci, presidente del Circolo Mario Mieli e portavoce del Roma Pride – e protagonisti della nostra battaglia, diversa ma idealmente affine, iniziata a Stonewall il 28 giugno del 1969 contro ogni forma di oppressione, prevaricazione, omologazione e normalizzazione delle nostre identità, dei nostri orientamenti affettivi e sessuali e delle nostre specificità, in una parola una lotta quotidiana contro ogni forma di fascismo. Siamo orgogliosi della scelta di tante istituzioni, nazionali ed estere, di dare il patrocinio alla nostra manifestazione, segno di come il Pride venga sempre più vissuto come una festa per l’intera collettività. Per questo voglio ringraziare la Regione Lazio e le ambasciate di Australia, Olanda, Regno Unito, Germania, Canada e la delegazione del Quebec per aver confermato anche quest’anno di essere dalla parte dei diritti di tutte e tutti”. “Siamo tante e tanti e non smetteremo mai di lottare per i nostri diritti, primo tra tutti il diritto ad esistere e ad autodeterminarsi. – conclude Secci – La nostra è una lotta pacifica ma che non deporrà mai le ‘armi’ culturali e politiche finché ci sarà anche una sola persona oppressa”.
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