ROMA – Un bigliettino con un nome e l’ indicazione di una citta’ rumena: questo unico, esile indizio ha incastrato i due assassini del sarto omosessuale romano Benito Giacalone, trovato morto nel suo appartamento a Centocelle il 23 ottobre del 2001. Ieri a Ladispoli, dopo piu’ di un anno di indagini condotte fra l’Italia e la Romania, gli uomini della III sezione della squadra Mobile di Roma diretta da Mauro Fabozzi hanno arrestato i due rumeni, Vasile Buza di 32 anni ed il nipote Gheorghe Razvan Tamboi di 23 anni, che hanno confessato.
Giacalone, 59 anni, come hanno ricordato in una conferenza stampa il capo della squadra Mobile di Roma Nicolo’ D’Angelo e Mauro Fabozzi, fu trovato imbavagliato con un nastro adesivo da pacchi e con le mani legate con lo stesso nastro alla rete del letto. Il sarto, che nel quartiere si faceva chiamare Giorgio ed era noto per frequentare spesso ragazzi stranieri, era vestito con un pigiama e, come stabili’ l’autopsia, era morto soffocato dal nastro adesivo stretto su bocca e naso, almeno 18 ore prima del ritrovamento. Nella stanza da letto messa a soqquadro, nell’ appartamento dove Giacalone viveva con numerosi cani ed uccellini, non furono trovati ne’ denaro ne’ altri oggetti preziosi. La polizia non trovo’ neppure impronte digitali leggibili o altri indizi. Sul pavimento dietro ad un comodino rovesciato, soltanto un biglietto con un nome, Vasile, e l’ indicazione di una citta’ rumena, Burnami.
Sulla base di questa lievissima traccia, in piu’ di un anno di continue investigazioni gli uomini della sezione omicidi sono riusciti a risalire ai due assassini. Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Francesco Polino, hanno riguardato la comunita’ rumena di Roma e gli ambienti dei ‘ragazzi di vita’, ma anche gli uffici cambi utilizzati dagli extracomunitari per inviare denaro in patria. I riscontri recuperati confrontando racconti e testimonianze ed integrati da informazioni fornite dall’ ambasciata della Romania hanno permesso di delineare l’ identikit di due rumeni, zio e nipote, lavoratori edili conosciuti negli ambienti gay che vivevano in un camion in un terreno a Torre Angela. I due subito dopo l’omicidio avevano precipitosamente fatto ritorno in patria. Vasile Buza, inoltre, era originario proprio di Burnami dove viveva con la moglie.
Di Buza e di Tamboi, pero’, sembravano essersi perse le tracce fino a quando gli investigatori hanno appreso che tre settimane fa erano tornati clandestinamente in Italia, a Ladispoli. Qui ieri sono stati arrestati ed hanno confessato. Zio e nipote hanno raccontato di essere stati avvicinati da Giacalone in un giardino di via Palmiro Togliatti dove il sarto portava a passeggio i suoi cani e di avere accettato le sue offerte di amicizia e di aiuto. Hanno riferito di avere frequentato per qualche tempo Giacalone ed hanno sostenuto di averlo legato al letto con il nastro adesivo e di averlo imbavagliato dopo una colluttazione nata perche’ si erano rifiutati di avere un rapporto sessuale con lui, negando pero’ di volerlo uccidere. Poi hanno aggiunto di avere portato loro il nastro adesivo nell’appartamento dell’uomo ed hanno ammesso di avere rovistato la casa in cerca di denaro e di essere fuggiti lasciando aperta la porta d’ingresso. Fu proprio la porta lasciata socchiusa ad incuriosire il giorno successivo una vicina che trovo’ Giacalone morto nel suo letto.
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