È la prima volta che succede per una 16enne in Italia. A febbraio Irene (nome di fantasia) si è rivolta al tribunale per chiedere la modifica dei documenti e il via libera all’operazione che permetterà al suo corpo di corrispondere alla sua identità. Pochi giorni fa è arrivata la sentenza che la autorizza “a sottoporsi a trattamento medico-chirurgico per l’adeguamento dei caratteri sessuali da maschili a femminili” e dispone al contempo “la rettifica degli atti di stato civile in riferimento al sesso (da maschile a femminile) e al nome”.
Irene sta seguendo già tempo un percorso complesso: da tre anni è in psicoterapia in un centro specializzato per l’identità di genere, da due anni assume i farmaci bloccanti che impediscono al testosterone di agire sul suo corpo, da un anno gli estrogeni che le stanno conferendo dato un aspetto femminile. Anche se la percezione della distanza tra il suo corpo e la sua mente arriva da lontano: “la consapevolezza di essere così ce l’ho avuta da sempre: almeno da quando avevo cinque anni. Ogni volta che qualcuno mi diceva di esprimere un desiderio, chiedevo di essere femmina. Ma non credevo che fosse possibile”.
Una storia di incapacità a riconoscersi nel proprio genere apparente: “Mi davano del maschile e io non capivo perché. All’asilo non capivo perché mi consideravano un bambino. In prima elementare non capivo perché le compagne non mi lasciavano andare al bagno delle femmine con loro. Ogni volta mi sembrava un’offesa“. La sensazione di essere costretta forzatamente in qualcosa di estraneo, di non corrispondente a se stessa: “È come se avessi avuto la mente continuamente assorbita da quello. Dovevo sempre concentrarmi per rispondere se la gente mi chiamava al maschile. Ogni volta che parlavo dovevo ricordarmi di usare il pronome “giusto”, che non era mai quello che avrei voluto”.
Fa molta tenerezza il racconto di come Irene ha iniziato a mettere a fuoco la sua identità: “Avevo 9 anni e non cercavo certo informazioni sull’argomento. Ma non so come, per sbaglio ho letto un articolo sul cambiamento di sesso. E ho pensato: è questo, ma io non posso farlo, sono piccola. E ancora: devo aspettare di avere 18 anni, per allora potrei già essere morta”.
Non ha subito condiviso la sua sofferenza con i genitori: “Ero convinta che la mia famiglia fosse molto chiusa, non ne avevamo mai parlato. Pensavo non mi avrebbero accettata”. Invece i genitori, dopo lo smarrimento iniziale, hanno prontamente cercato aiuto e informazioni in un centro specializzato.
La svolta è arrivata con la terapia ormonale, che le ha modificato il fisico: «Nel momento in cui la gente ha iniziato a chiamarmi al femminile è sparita anche l’ansia che avevo sempre». Adesso Irene non vede l’ora dell’intervento: «Mi sono già messa in lista d’attesa ovunque. Spero di operarmi entro un anno. Poi voglio solo pensare a fare l’università».
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Sì una sentenza di demenza storica.