C’è una vicenda, passata un po’ sottotraccia in Europa, che negli Stati Uniti sta alimentando polemiche e discussioni a non finire: il caso della torta nuziale negata a una coppia gay.
Facciamo un passo indietro: nel 2012 un pasticciere di Denver, Jack Phillips, si era rifiutato (in nome di un rivendicato diritto al libero esercizio della religione) di confezionare una torta nuziale a una coppia gay. I due promessi sposi, David Mullins e Charlie Craig, avevano sporto denuncia e fatto ricorso alla Commissione dei Diritti Civili del Colorado, che aveva dato loro ragione (così come il tribunale). Il ricorso del pasticciere, invece, era stato respinto. Ora il caso è al vaglio della Corte Suprema, massimo organo giudiziario americano, e una sentenza è attesa entro giugno 2018.
Dal 26 giugno 2015 il matrimonio egualitario è un diritto riconosciuto a livello federale, ma questa e altre controversie testimoniano la necessità di una rigida regolamentazione in materia di discriminazioni per identità di genere e orientamento sessuale.
Il Federal Civil Right Act sanziona le discriminazioni per razza, colore, religione, sesso e nazionalità: manca la categoria dell’orientamento sessuale. Il risultato di questo vuoto normativo? Controversie come questa, o quelle legate all’uso dei bagni pubblici per i transgender (il caso più emblematico in North Carolina) o ancora la differenza di leggi che regola l’adozione di bambini da parte di coppie dello stesso sesso, con una casistica che varia – anche radicalmente – da Stato a Stato.
La questione potrebbe essere facilmente traslata sul suolo italico, dove attendiamo da più di quattro anni una legge contro l’omofobia e contro la transfobia. La suddetta, approvata alla Camera nel 2013, è ancora ferma al Senato e non vedrà verosimilmente la luce in questa ultima fase di legislatura. A bloccare tutto, oltre agli innumerevoli emendamenti presentati dalla destra, quello firmato da Gregorio Gitti di Scelta Civica: “Non costituiscono discriminazione né istigazione alla discriminazione la libera espressione e manifestazione di convincimenti o opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, purché non istighino all’odio o alla violenza, né le condotte conformi al diritto vigente ovvero anche se assunte all’interno di organizzazioni che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione ovvero di religione o di culto, relative all’attuazione dei principi e dei valori di rilevanza costituzionale che connotano tali organizzazioni”.
Un emendamento che, di fatto, aprirebbe a una sorta di tolleranza verso condotte discriminatorie. In America sarà la Corte Suprema a esprimersi, in Italia ancora attendiamo una legge dignitosa.
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