ROMA – Nessuna discriminazione per i rapporti di convivenza, per la Cassazione: tutti quanti hanno diritto ad essere tutelati in quanto "espressione di libera scelta della persona, ed indipendentemente dai motivi particolari che ne hanno determinato l’insorgere e che comunque appartengono alla sfera della privacy".
In particolare – con una sentenza appena depositata – la Cassazione allarga l’ombrello della tutela risarcitoria a favore dei conviventi che subiscano un danno, patrimoniale o morale, al loro nucleo ‘familiare’, indipendentemente dall’esistenza di un rapporto sancito "dalla legge o da un patto". Dunque con questa nuova affermazione di principio la Suprema Corte estende i diritti giuridici anche alle formule di convivenza "non necessariamente limitata alla categoria more uxorio".
Sotto questa coperta allargata vi possono rientrare, pertanto, tutti i tipi di convivenza, sia quelli tra parenti, che quelli tra amici, indipendentemente dal fatto che si tratti di una relazione omosessuale od eterosessuale. L’unico requisito necessario per azionare una domanda di risarcimento per danni alla vita di convivenza è che questa forma di relazione sia "dotata di un minimo di stabilità, tale da non farla definire episodica, ma idoneo e ragionevole presupposto per una attesa di apporto economico futuro e costante".
Esulta Arcugay, che considera la sentenza un "importante passo avanti della giurisprudenza italiana animato da rigore giuridico e senso di umanità, e che antepone la realtà concreta delle relazioni familiari tra le persone a visioni ideologiche e astratte della società".
Per il presidente nazionale Arcigay, Sergio Lo Giudice "sarebbe assurdo continuare ad ignorare la realtà e il valore sociale di scelte di solidarietà e convivenza tra le persone".
"Sono ormai undici i paesi europei – ricorda l’ Arcigay – che riconoscono per legge le relazioni stabili tra persone del medesimo sesso: Francia, Germania, Portogallo, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Danimarca, Svezia, Norvegia, Finlandia e Islanda".
Si unisce al coro Franco Grillini, che afferma: "La sentenza della Cassazione che di fatto equipara, sia pure ai fini risarcitori, il matrimonio con le convivenze rappresenta un fatto di straordinaria e importante novità, perchè è da tempo in corso il dibattito sul riconoscimento dei diritti dei conviventi. Il fatto che la Cassazione dica che ormai la stabilità delle convivenze è simile alla stabilità del matrimonio e che quindi i diritti vanno riconosciuti, è un invito implicito al Parlamento a legiferare in questa materia".
"Proprio domani io comincerò la raccolta di firme sul Pacs, patto civile di solidarietà – annuncia Grillini – una legge che in Francia ha avuto un enorme gradimento. Sono più di centomila le persone che si sono ‘pacsate’ in Francia e il prossimo 21 ottobre in Italia una coppia di gay italiani, Alessio De Giorgi e Christian Panicucci, quest’ ultimo essendo francese, si ‘pacseranno’ presso il Consolato di Francia. Quindi è giusto riaprire anche in Italia la discussione sul riconoscimento dei diritti dei conviventi e la battaglia che noi facciamo sia a livello parlamentare che nella società è quella di far sì che anche il Parlamento vari nel più breve tempo possibile una legge che l’ Italia come nel resto dell’ Europa finalmente riconosca anche questi diritti".
Il caso concreto che ha portato all’affermazione di questo orientamento dei supremi giudici si riferisce al ricorso di un imputato, Gianluca R., che si opponeva all’ammissione, come parti civili, dei genitori di un ragazzo maggiorenne al quale aveva procurato lesioni personali riportando una condanna alla pena di tre mesi di reclusione convertita in pena pecuniaria in seguito a patteggiamento. In sostanza Gianluca sosteneva di non dover rifondere i danni patrimoniali e morali ai genitori di Andrea L. in quanto nel rapporto di convivenza poteva, al massimo, essere compresa quella "more uxorio" mentre rimaneva esclusa "la scelta di coabitazione con i genitori". Sosteneva Gianluca – per mezzo dei suoi difensori – che "la scelta naturale di coabitazione con i propri genitori è necessariamente destinata a non continuare nel tempo, e dunque non è suscettibile di acquisire quei caratteri necessari a creare aspettative qualificabili come diritto assoluto". Insomma, dato che Andrea, prima o poi se ne sarebbe andato di casa, il tipo di convivenza con i genitori non aveva la caratteristica di longevità necessaria ad azionare la domanda risarcitoria per lo stato di infermità riportato dal figlio in seguito alle lesioni, per il minor apporto economico che il giovane avrebbe potuto conseguire, e per il danno morale alla loro vita di relazione funestata da questo incidente. Ma la Cassazione ha risposto che la scelta di coabitare con i genitori "può ormai considerarsi ad un tempo stabile o aleatoria nè più nè meno che qualunque altra scelta di convivenza operata ad altro titolo, e ciò in base a comuni osservazioni che trovano poi riscontro in statistiche generalmente note". In poche parole la Cassazione non può fare a meno di prendere atto dei tempi e di constatare che "ormai da lunghissimo tempo è venuto meno anche il carattere di stabilità del vincolo matrimoniale". Alla luce di queste considerazioni agli "ermellini" non è rimasto altro da fare se non riconoscere la legittimazione a costituirsi parte civile non solo ai genitori della persona offesa, purchè conviventi – come nel caso affrontato – ma ad estendere questo importante diritto a tutte le forme di convivenza, "purchè dotate di un minimo di stabilità". Sarà poi, di volta in volta, il giudice di merito a stabilire se realmente si sia prodotto un danno patrimoniale o morale al rapporto di convivenza, per le lesioni subite da uno dei conviventi – non importa di che sesso o da quale affetto legato all’altra persona – e a liquidarlo nella misura opportuna.
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