La gioia del sì di Ingrid e Lorenza: storia semplice di un matrimonio

lei disse si

Lei disse siQuando Ingrid e Lorenza annunciano che si sposeranno alle persone a loro vicine, ad un certo punto le vedi commuoversi, mentre abbracciano un’amica, e inevitabilmente anche i tuoi occhi si fanno caldi e liquidi. È successo a me, ieri al cinema Adriano, a Roma, in una sala gremita e in trepida attesa. Ed è successo ai miei vicini, un ragazzo di cui ignoro l’identità e una donna, alla mia destra, che usava il foulard per asciugarsi le lacrime. Sarà che ai matrimoni piango sempre, sarà che “Lei disse sì” non solo è un semplice documentario, ma anche un viaggio in una storia d’amore e nel coronamento di un sogno, ma è difficile non assecondare le corde delle nostre fragilità e quell’anelito di tenerezza.

Così come è difficile parlare di qualcosa di semplice, si corre il rischio della retorica e la retorica rischia di banalizzare. Eppure quella delle due ragazze – che si sono sposate in Svezia lo scorso anno mandando prima in rete, nel loro blog, le varie tappe della realizzazione del loro progetto di vita e quindi facendone un film, diretto dalla sapiente regia di Maria Pecchioli – è una storia elementare, limpida: un incontro, uno sguardo speciale, la decisione di vivere insieme. Di provarci per sempre. Di dire sì.

lei disse sìQuella scelta, gravida di conseguenze, si snoda in una serie di avvenimenti, regalati a un pubblico che osserva, tra ironia e tenerezza, l’avvicendarsi delle cose: l’impatto di Lorenza con una nazione in cui sposarsi con una donna è un evento come un altro e che rende anormale il tuo, di paese, lo stesso che non sa dare il nome “matrimonio” al tuo amore. Il disvelamento dell’omosessualità, accettata ora con serenità dai genitori dell’una, ora vista come qualcosa che crea incomunicabilità e lontananza dalla famiglia dell’altra. La paura della pioggia, che può rovinare la festa. La bellezza della mamma di una delle spose e dell’amica di famiglia, intente a comporre i bouquet nuziali. La serenità della natura scandinava, con la gentilezza dei laghi e la verità delle sue praterie.

«Ingrid mi rende una persona migliore» rivela ad un certo punto Lorenza. Ingrid che imburra il pane, mentre i suoi occhi raccontano un vuoto, una violenza, una deprivazione: la sua famiglia non ci sarà. La famiglia di sangue. Quella vera, quella che si sceglie – insieme ad altri parenti, le cugine e persino il ricordo della nonna – è lì. Non può non esserci. L’amore, quando c’è, si vede. Si manifesta. E lo scarto, la ferita determinata dal silenzio, è superato dal padre della sua compagna, mentre le accompagna entrambe all’altare. Il vuoto viene colmato. Ed emerge un’altra verità: l’omofobia è una delle tante voci della solitudine. Abbracciare le differenze, comprenderle, farne parte integrante del proprio quotidiano produce altra vita. Ci rende migliori, appunto. Sta tutta qui la semplicità di quel gesto. Di quel sì che crea tutto il futuro possibile.

lei disse sìC’è tutto questo e non solo, in “Lei disse sì”. Ma non vi invito a vederlo per le sue qualità cinematografiche – non me ne intendo, per altro, mentirei a parlarvi di questo – per la bellezza della fotografia o per la costruzione narrativa, che fluisce come fosse una commedia sentimentale di qualità. No, niente di tutto ciò. Guardatelo per trovarvi un pezzo di voi, per come vorreste che fosse la vostra vita, per credere ancora in quella cosa tanto bella e tragica come solo l’umanità sa essere. Fatelo per il loro sorriso, per la bellezza dei bambini, per l’incontenibile gioia che ad un certo punto si impossesserà di voi. E poi anche per la narrazione leggiadra o perché è un film sorprendente che non può non appartenere ai vostri ricordi. E se vi preoccupate per il tempo, niente panico. Alla fine splenderà il sole. Così come dovrebbe essere, quando si pensa al “per sempre”.

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