Le minacce di morte ad Andrea non sono poi così distanti da noi

Le minacce di morte ad Andrea non sono poi così distanti da noi - andrea cassero pride - Gay.it Blog

andrea-giuliano-intervista-ungheria-BSHo visto l’intervista di Andrea, il ragazzo gay italiano emigrato in Ungheria, dove fa attivismo LGBT. Al pride ha deciso di manifestare vestito da prete e ridicolizzando i “Motociclisti dal Sentimento Nazionale”, un movimento di destra, estremista e antisemita, che ha per motto “dai gas”. I suoi membri si recano di fronte le sinagoghe e premono a vuoto l’acceleratore, per scaricare, appunto, il gas… Il riferimento è chiaro.

Andrea ha scelto di fare ironia sul loro nome – definendoli pompinari in lingua magiara – e ribaltando l’immaginario di quel pensiero fanatico che affonda le sue radici nelle convinzioni religiose (vestendosi da sacerdote, appunto) e nell’ideologia nazionalista (irridendo il simbolo della grande Ungheria con un pene). Per aver osato “profanare” quei simboli, il nostro connazionale ha subito intimidazioni e minacce di morte.

Tali reazioni mi hanno ricordato alcune polemiche dell’ultimo anno, come la querelle nata per il pandrea_cassero_pride2ride di Roma, l’anno scorso sui social, colpevole di aver inserito nel suo manifesto il riconoscimento dei poliamori e, ancora, lo scandalo più recente per le foto scattate al Cassero, in cui appariva un crocifisso e quindi considerate blasfeme. Si badi, non voglio paragonare tali fatti sul piano fenomenologico. Non voglio dire che le proteste in Italia per i fatti menzionati siano violente quanto gli episodi di Budapest. Voglio invece affermare che le basi ideologiche di quanto successo da noi e quanto accaduto in Ungheria sono le stesse. Cercherò di spiegare perché.

La virulenza contro il documento del Roma Pride nacque perché, a sentire le critiche, occorreva dimostrare una moralità maggiore rispetto alla massa (dei “normali”) che guarda le nostre rivendicazioni dalle finestre di casa o in tv. Per essere uguali agli eterosessuali dovremo cioè essere “migliori” di loro nella gestione della nostra sessualità e delle relazioni. E qui sta la prima grande contraddizione, speculare a quella di chi dice che non ha nulla contro i gay, che magari possiamo avere gli “stessi diritti” purché quegli “stessi diritti” non siano proprio tutti o del tutto uguali. Il comitato di allorsbattezzo_cassero1a, si badi, decise di inserire il richiamo alle relazioni plurime perché non si può pretendere l’uguaglianza giuridica a discapito delle richieste di altre minoranze. Come dice Delia Vaccarello in Ci chiamano diversi, non dobbiamo chiedere diritti perché siamo uguali, ma perché siamo come siamo. L’introduzione dei poliamori determinò, nell’immaginario di molti, la violazione di una sorta di “sentimento nazionale” del gay medio (e anche un po’ mediocre), per cui occorre essere all’altezza delle richieste della maggioranza. Richieste che poi, guarda caso, si traducono sempre in mediazioni al ribasso: essere migliori, quindi, per avere di meno. Ribaltando la questione: c’è chi si erge a essere superiore che decide così della nostra (presunta) inferiorità.

Sulla vicenda del Cassero ho letto attacchi gravissimi all’associazione bolognese, colpevole di aver toccato la sacralità del simbolo religioso. I detrattori ignoravano (e ignorano) che la desacralizzazione di ciò che viene definito per sua natura intoccabile è il primo necessario passo per abbattere le asimmetrie del potere. Nessuno poi afferma o vuole che si usino i crocifissi come in qualche film horror degli anni ’70 (sì, alludo all’Esorcista), ma non si può nemmeno pretendere di vietare la critica al simbolo di un’istituzione che è uno dei principali ostacoli dell’uguaglianza in questo paese non solo per le persone LGBT, ma anche per le donne e altre categorie percepite come minoritarie.

andrea_cassero_pride1Desiderio e sentimento di appartenenza a un gruppo di individui superiori, per essere a loro uguali (che è poi l’ingrediente del nazionalismo), e sacralità del simbolo religioso sono stati posti sotto critica, seppure in misura diversa, qui in Italia come in Ungheria. Andrea ci dice che per lui è importante un tipo di lotta che rompa gli schemi, perché è anche attraverso un linguaggio di rottura che si scrollano le coscienze intorpidite. Le stesse che poi, di fronte a certe immagini, non sanno fare altro che indignarsi e ripetere – in modo pavloviano – la retorica di quel sistema di potere che ci vuole inferiori. Qui stanno le analogie.

Per cui quando vi schierate contro questo o quel ragazzo della comunità LGBT che eccede rispetto al comune buon senso e pudore, ricordatevi di Andrea. E del fatto che rischiate di apparire più simili a chi ha messo una taglia sulla sua testa, che al suo coraggio di cambiare le cose.

Perché è così importante la provocazione nell’attivismo?
Estratto inedito dall’intervista ad Andrea Giuliano

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