Perché gli insulti a Greta e Vanessa riguardano anche noi

Perché gli insulti a Greta e Vanessa riguardano anche noi - greta vanessa - Gay.it Blog

greta_vanessa3Le cose che leggo sui social e sul web in generale, in relazione alla liberazione delle due volontarie rapite, mi induce a pensare che dietro certe polemiche non ci sia tanto la questione dei presunti dodici milioni pagati per il riscatto, quanto il fatto che ad essere al centro della questione siano due donne.

Premetto almeno due cose, sulla vicenda: la prima, io non condanno chi critica le due ragazze per essersi esposte a rischi più grandi di loro; la seconda, sono dell’idea che se le fonti ufficiali (governo e servizi segreti) dichiarano che non è stato pagato un riscatto, chi dice il contrario ha tutto il diritto (e il dovere, a un certo punto) di dimostrare quanto sostiene. Fino a quando non spuntano le prove, perciò, stiamo parlando del nulla.

Considerato tutto ciò, ritorno alla questione di partenza, ovvero al fatto che leggo commenti con un sapore vagamente misogino. Credo inoltre che questo sentimento non sia consapevolmente vissuto, un po’ come certi commenti omofobi vengono ripetuti meccanicamente, per cui non c’è una finalità discriminatoria in greta_vanessa2certe esternazioni. È tutto un processo, appunto, automatico perché come spiega Graziella Priulla nel suo saggio Parole tossiche, certi schemi di pensiero agiscono in modo sotterraneo e quindi invisibile. Sedimentiamo sulle nostre coscienze pensieri contro rom, immigrati, gay e donne e li recuperiamo non appena una corrente qualsiasi smuove le acque della nostra indignazione. Capisco che non faccia piacere essere additati come trogloditi, ma il primo passo per superare certi nostri limiti – e chi scrive non ne è stato esente, per cui faccio ammenda – è, appunto, la consapevolezza.

Riguardo al caso in merito, farò un esempio molto illuminante, a parer mio, riassumendo il tono di certi commenti letti qua e là.

greta_vanessa1Ricordate Quattrocchi, colui che ha fatto vedere ai suoi carnefici in Iraq “come muore un italiano” (morendo poi come chiunque altro)? Le parole che si sono usate, allora, restituivano l’impressione di un “eroe” ucciso dai “terroristi” brutti e cattivi, quando la realtà era che si trattava di un mercenario andato in Medio Oriente per denaro. Questo ovviamente non giustifica la sua uccisione. Ma da qui a farne un modello, ne corre. Converrete.

Su Greta e Vanessa, la narrazione collettiva insiste sul mantra: sono “due cretine”, “due sgallettate”, che potevano rimanere “a casa” invece di farci spendere 12 milioni di euro (e sono volontarie). Ed è in questa distorsione l’attacco alla femminilità delle protagoniste della vicenda.

L’eroe maschio è stato preso da un nemico esterno, la “vittima femmina” un po’ se l’è cercata, è un peso per la società – vedi il riscatto – e poteva starsene qui a fare del bene. Si ripercorre, insomma, quella vecchia dicotomia uomo-attivo/donna passiva. Il conquistatore del mondo contro l’angelo del focolare, semplificando molto. E se l’elemento femminile decide di far di testa sua, possibilmente sbagliando, glielo si fa pesare. Il nemico esterno sparisce, addirittura. Nella narrazione sulle volontarie esso viene recuperato non come causa del rapimento, ma come conseguenza dell’incoscienza delle due ragazze: i soldi dati per liberarle greta_vanessaserviranno per armare altri terroristi. Chi dice donna dice danno, insomma. Vecchi cliché che, invisibili, ritornano sotto altra forma.

Concludo allargando la questione alla vicenda dei marò, altra perla di non-saggezza usata contro le due ragazze. Nessuno dice e pochi sanno che per una legge di La Russa, allora ministro del governo Berlusconi, i nostri soldati – pagati dallo Stato – vengono impiegati come security in navi private in giro per il mondo. Lo denuncia il sito di Wu Ming. E se fanno cazzate, tipo sparare a cittadini indiani scambiandoli per pirati, il diritto internazionale che dovrebbe proteggerli si scontra con la natura privata della missione a cui partecipano.

A me vengono spontanee alcune domande, tipo: quanto ci costa tutta questa vicenda? Avete mai pensato che potevano fare del bene a casa nostra, quei signori maschi, invece che far sperperare il nostro denaro a vantaggio di privati? E non è che se la sono andata a cercare? E una su tutte: vi siete mai posti questi interrogativi?

Ecco, cerchiamo di metterci di fronte a noi stessi, rispetto a tali questioni, prima di proferire verità assolute su certe situazioni. Almeno se ci teniamo ad essere oggettivi e ad arrivare alla verità delle cose. E per non alimentare una certa sub-cultura sessista che a ben vedere alla lunga fa fuori anche noi. Proprio in quanto gay.

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3 commenti

  1. Non concordo nemmeno su un punto della bislacca tesi di cui sopra. Le due hanno giocato ed è andata male, il riscatto è lapalissiano che sia stato pagato. Brutto offendere i mercenari che hanno avuto la lealtà di tenere la testa alta, e di non piagnucolare “veniteci a prendere”; stupido il paragone con i maro’. Quale l’illustre pensiero sulla Sgrena, sulla Fallaci, sui medici di Emergency, sui missionari?
    Dimenticavo, sono gay e decisamente di destra

  2. Ma i soldati sulle navi son lì dagli stati su mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nell’operazione globale antipirateria cominciata dopo i fatti somali nell’Oceano indiano.

    A parte questa imprecisione, su tutto il resto dissento: articolo veramente malfatto.

  3. Secondo me hai perfettamente centrato il punto, andando oltre alla sceneggiatura proposta. Condivido quello che hai scritto e andrò a documentarmi sul saggio da te citato. Le categorie da te citate per i pensieri automatici corrispondono alle categorie “deboli”, quelle sulle quali ci si sente legittimati a sparare, non appena la nostra barchetta personale finisce in una zona di corrente avversa. Sono un po’ la nostra scialuppa indebita di salvataggio in caso di avversità. Maurizio Betti Responsabile Telefono Amico Gay e Lesbico del Cassero

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