Suor Cristina? Solo restyling Vaticano, altro che simpatica suorina

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Per gentile concessione dell’autore, pubblichiamo di seguito il commento apparso sul blog di Elfo Bruno sul fenomeno mediatico del momento, quella Suor Cristina che spopola a The Voice e sul web e che, potrebbe rappresentare ben altro che una atipica concorrente di un talent show. Una lettura che sta facendo molto discutere. Voi come la pensate?

Non è per fare sempre l’anticlericale – che in Italia significa, né più né meno, avere a cuore la democrazia – ma questo entusiasmo collettivo e generalizzato per la suora di turno vi rende degni e degne di tutto quello che la chiesa sta facendo a questo paese. E sì, sto parlando di suor Cristina a The Voice.

Perché il pubblico che si alza inneggiante dopo le prime sette notte – per un’interpretazione che poi si rivelerà pure accettabile, ma ora ditemi che ha cambiato il panorama musicale mondiale o i vostri ultimi destini – denuncia la nostra solita e provincialotta sudditanza culturale e fa regredire, ancora una volta, la società italiana in gregge, concetto molto caro in Vaticano. Basterà che la prima delle pecore si getti nel burrone che tutto il resto le andrà dietro.

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Le lacrime di J-Ax, poi – uno che è diventato famoso per un cantico all’istituto della marijuana, per non parlare del fatto che sarebbe anche l’ora che realizzasse di non avere più tredici anni – ci fanno capire che c’è salvezza per chi si fa di canne dalla mattina alla sera e forse dimostrano che un abuso di certe sostanze alla lunga ti rincoglionisce, ma in ogni caso anche lì vince san Patrignano e quell’ideologia su cui si basano leggi come la Fini-Giovanardi, per intenderci. Ma contenti voi!

Ancora: mi sembra oltre modo patetico l’entusiasmo incondizionato di quelle orde di froci (uso un altro termine molto in voga nella cultura cattolica) che nella vita di tutti i giorni sono pro-matrimonio e cose così, quando la suora di cui sopra sta alla loro voglia di sposarsi come Crudelia Demon sta a una cucciolata di dalmata.

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E non voglio aprire il capitolo sull’immaginario di autorappresentazione estetica degli stessi, signori incondizionati della “selfie incazzata” e fuori dal coro, con pelo e barba come filosofia di vita, per poi ridursi all’equivalente bear di un chierichetto da oratorio. Ma l’aggettivo che descrive tutto ciò l’ho già usato e ricorda, appunto, il pathos nel suo significato primario di sofferenza. Altro concetto caro oltre Tevere.

Il tutto mentre abbiamo un papa ultra-mediatico che fa finta di essere all’ultima moda quando ha già fatto sapere – ma voi siete troppo ciechi per rendervene conto – che su coppie gay, interruzione di gravidanza e genitorialità fuori dal matrimonio in chiesa lui non è nessuno per decidere, visto che tutto è stato già detto nel catechismo. Dove c’è scritto che, se proprio ci vogliono bene, siamo malati da compatire.

Insomma, per farla breve: oggi a The Voice tifate il team “suora & Bergoglio”, ma domani quando vi tolgono 194 e divorzio – e se vi aprono le cliniche per le teorie riparative – poi non venite a lamentarvi. Coglioni.

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