Omofobia ovvero paura, ignoranza e discriminazione

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La nostra cultura, quella occidentale, è stata secolarmente impostata sul dualismo uomo/donna e maschile/femminile. Tutto ciò che non corrispondesse a tale norma è sempre stato visto e giudicato come strano e pericoloso. Le basi dell’omofobia sono quindi da ricercare ad un livello profondo culturale. Un livello di eteronormatività, in cui l’Uomo veniva considerato migliore della donna. Da qui il disprezzo verso gli omosessuali che non è l’unico ad essere stato creato da una certa cultura.

Non molto tempo fa nel Manuale Diagnostico delle malattie mentali (DSM) veniva considerato l’onanismo, ossia la masturbazione. Questa era inserita tra le malattie mentali non più di un secolo fa, ritenuta attività omosessuale e narcisistica, in quanto il piacere veniva ricercato e trovato attraverso se stessi e quindi attraverso un corpo del proprio stesso sesso.

Ma ovviamente tutto ciò che differiva e differisce dalla norma viene, purtroppo, ancora considerato non sano. Basti pensare che ancora oggi qualcuno inneggia ad una “donna sottomessa” al volere dell’Uomo.

Ma cosa significa omofobia? E di che paura soffrono le persone cosiddette omofobe?

Nel succitato DSM, il più importante Manuale per le diagnosi psichiatriche arrivato alla sua quinta edizione, l’omofobia non compare tra le fobie riportate dallo stesso. Il termine, come nel caso della xenofobia (paura dello straniero), è solitamente utilizzato in un’accezione generica, riferita ai comportamenti discriminatori, e non clinica.

Il dibattito si apre quindi sul termine adeguato da utilizzare.

Il termine omofobia è un neologismo coniato dallo psicologo clinico Gorge Weinberg nel suo libro Society and the Healty Homosexual (La società e l’omosessuale sano)”, pubblicato nel 1971.

Con tale termine si definiscono l’avversione e la paura irrazionali nei confronti dell’omosessualità e di persone gay, lesbiche e bisessuali basate sul pregiudizio. Si indica quindi con tale termine un insieme di, pensieri, comportamenti e sentimenti ( ansia, disgusto, avversione, rabbia, disagio, paura) avversi all’omosessualità o alle persone omosessuali.

L’omofobia è quindi un atteggiamento non una math (1)lattia. Patologizzarla significherebbe dare una scusante a chi ne sarebbe “affetto”; come a dire: “non è colpa sua se picchia un omosessuale, ma è malato poverino”. Invece deve restare ben chiaro che l’omofobia scaturisce dall’apprendimento di valori e norme culturali. 

In questo senso un altro termine utilizzato per definire l’avversione nei confronti delle persone lgb è quello di omonegatività. Tale termine è più adeguato in quanto include le componenti culturali e le radici sociali dell’intolleranza, riferendosi all’intera gamma di sentimenti, atteggiamenti e comportamenti negativi verso l’omosessualità e le persone omosessuali (Hudson, Ricketts, 1980).

Come si esprime l’omofobia?

Per esempio attraverso giudizi negativi nei confronti dell’omosessualità, scaturiti da convinzioni personali e sociali come: “ l’omosessualità è una malattia, è immorale, contro natura, socialmente pericolosa”. Ma anche attraverso la non condivisione dei comportamenti omosessuali e delle rivendicazioni sociali e giuridiche delle persone omosessuali. Attraverso le discriminazioni sul posto di lavoro, nelle istituzioni, nella cultura. Attraverso gli atti di violenza fisica e psicologica (percosse, insulti, maltrattamenti). Ed anche  attraverso la mancanza del riconoscimento dei diritti degli omosessuali ( unioni civili, matrimonio ed adozioni).

Inoltre attraverso la non protezione nel nostro paese con una legge contro l’omofobia.

In varie ricerche è stato riscontrato il fatto che tendono all’omofobia le  personalità autoritarie, rigide, insicure, che si sentono minacciate da “diverso da sé”. Alti livelli di omofobia sono stati riscontrati anche in persone in lotta con una forte omosessualità latente o repressa. (E. Pugliese, 1993). In questo secondo senso l’omofobia può trarre nutrimento e soprattutto legittimazione da condanne ideologiche, religiose o politiche.

L’omofobia si evidenzia anche come paura di venire considerati omosessuali con conseguenti comportamenti evitanti gli omosessuali o situazioni associate ad essi.

L’omofobia infine consiste anche nel giustificare o scusare attith di violenza discriminazione perpetrati contro una personain ragione della sua reale o presunta omosessualità.

Le ricerche psicosociali mostrano quali sono le caratteristiche personali maggiormente legate all’omofobia: anzianità, basso livello di istruzione, avere idee religiose fondamentaliste, non avere contatti con persone gay o lesbiche, essere autoritari, provare sensi di colpa nei confronti del sesso, avere atteggiamenti tradizionalisti rispetto ai ruoli di genere (mascolinità/femminilità).

I giudizi negativi sull’omosessualità possono influenzare anche l’autostima delle persone omosessuali.

L’omofobia porta a nascondere l’omosessualità anche in televisione, e media vari. Tale invisibilità fa si che le persone lgb abbiano pochi esempi positivi in cui rispecchiarsi e attraverso cui prendere forza per costruire una propria identità positiva. Il bisogno dell’essere umano di ricevere stima, di essere strettamente connesso agli altri, è fondamentale, a partire dall’infanzia quando i bambini tendono a sviluppare quei tratti che vengono approvati e a ridurre quelli che vengono disapprovati. Ogni persona sviluppa un concetto di sé basato sui feedback ricevuti dagli altri significativi. Il processo secondo il quale costruiamo l’immagine di noi stessi attraverso le valutazioni degli altri continua durante tutto il ciclo della vita, anche quando abbiamo stabilito l’autonomia del giudizio.

Gli psicologi e gli operatori della salute in generale non possono sottovalutare tutto ciò e l’effetto che ha sui gay, lesbiche e bisessuali, sul loro benessere psicofisico, psicosociale e sulla loro autostima.

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