La notizia non ha fatto in tempo a diffondersi che già piovono centinaia di messaggi di solidarietà e dichiarazioni di certezza di innocenza.
Don Pierino Gelmini, il fondatore della Comunità Incontro è indagato dalla procura di Terni per abusi sessuali. Lo accusano due ex ospiti del suo istituto per il recupero dei tossicodipendenti.
Non sarebbe né il primo né l’ultimo sacerdote ad assurgere agli ‘onori’ della cronaca per fatti del genere. E come ogni volta il copione si ripete uguale a se stesso. Alzata di scudi da parte di politici e, naturalmente, prelati di ogni ordine e grado.
Don Pierino Gelmini, “papà” per alcuni dei suoi ospiti, ha aperto la Comunità Incontro nel 1963 e molte altre ne ha fondate negli anni successivi in giro per il mondo. Considerato da molti il cappellano del centro-destra, si è sempre schierato al fianco della Casa delle Libertà su temi come la famiglia (quella tradizionale, naturalmente) e la lotta alle droghe. Non a caso, da ospite di una conferenza programmatica di AN, poco dopo il varo della legge Fini-Giovanardi sulle droghe, Don Pierino ebbe a dichiarare: “Grazie Gianfranco per la legge contro la droga, affido a voi di An il compito di difendere i principi cristiani. Sono con voi, non potevo essere altrove. Credo negli ideali che difendete, anche se non appartengo ad una parte”. E in quella stessa occasione dichiarò, a proposito dei Pacs: “Non discrimineremo nessuno, ma deve essere chiaro che esiste un
solo matrimonio, sacro ed inviolabile – ha detto fra gli applausi – ed è fra un uomo ed una donna, davanti a Dio e agli uomini”.
Molte volte, invece, i metodi usati nelle sue comunità, come quelli usati da Muccioli, sono stati più volte obiettivo di aspre critiche perché considerati ‘spiccioli’ e basati più sul carisma del leader che su scelte scientifiche.
Certo è che la notizia data questa mattina da La Stampa dell’inchiesta che riguarda Don Gelmini, richiama alla mente quelle critiche. E mentre da Alemanno a Volontè, da Mantovano a Buttiglione tutti urlano allo scandalo per le accuse rivolte al prelato parlando di “schizzi di fango che non intaccano un gigante della lotta alla droga” e di “stampa d’accatto contro una vita cristallina”, alcuni, pochi per la verità, preferiscono restare prudenti. Come Don Fortunato Di Noto il quale confessa: “è un fulmine al ciel sereno. Provo rammarico e dispiacere per le accuse che sono state mosse a don Gelmini. E’ difficile, tra l’altro, esprimere un parere senza conoscere gli atti e le carte processuali”. O come Vladimir Luxuria che invita “a non assolvere don Gelmini solo perché è un sacerdote”.
“Fatto salvo il diritto di ogni singolo individuo ad avere un giusto ed equo processo, nel rispetto delle funzioni proprie della Magistratura di cui bisogna sempre attendere i giudizi definitivi, dobbiamo dire che casi di questo genere non sono certo nuovi ed eccezionali – dichiara, invece, Aurelio Mancuso, presidente nazionale dell’Arcigay -. Negli ultimi anni nelle comunità religiose di assistenza, o formate solamente da consacrati, sono state denunciate in tutto il mondo migliaia di molestie o addirittura violenze sessuali. Per questo, a differenza dei politici italiani che o attaccano a testa bassa gli inquirenti o stanno zitti per convenienza, vogliamo ricordare che il
tema dei soprusi sessuali di cui si macchiano i sacerdoti cattolici dovrebbe essere trattato con serietà, evitando inutili e ipocrite strumentalizzazioni politiche”. “In diverse occasioni don Gelmini ha esternato opinioni clericali e retrive di stampo omofobico – conclude Mancuso -, se le accuse fossero sostanziate da prove, ci troveremmo semplicemente di fronte ad un ennesimo caso di reazionario cattolico che, per coprire le proprie inclinazioni, pubblicamente si è scagliato per anni contro le sue stesse paure”.
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