Monumento alle vittime lgbt dell’Olocausto, Roma dimentica

Da 17 anni un'installazione "abusiva" (e abbandonata) è l'unica che ricorda le vittime lgbt dell'Olocausto nella capitale. A Roma, infatti, di un monumento ufficiale non si parla nemmeno più.

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Nel 2012 può ancora una capitale europea permettersi di non avere un monumento "ufficiale" alle vittime del nazifascismo e di tutti i totalitarismi? A quanto pare sì. Se infatti Berlino ha non solo un proprio monumento alle vittime dell’Olocausto, uno dei luoghi più visitati e fotografati dai turisti in visita nella capitale tedesca, ma anche un monumento dedicato agli oltre 54.000 omosessuali deportati nei campi di sterminio, a Roma dal punto di vista delle iniziative ufficiali siamo fermi ad un nulla di fatto. E non se ne può fare neanche una questione italiana visto che a Bologna un monumento specifico per le vittime omosessuali, promosso sì da Arcigay ma d’intesa con il Comune, esiste dal 1990.

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Sono passati ormai 17 anni da quando a piazzale Ostiense, in occasione del cinquantenario della Liberazione, venne installato un monumento autofinanziato e voluto dalla gente comune. "Tutti Potenziali Bersagli": così si chiama l’installazione in cui 5 sagome rappresentano le categorie perseguitate, ognuna come allora col proprio segno di riconoscimento, la stella per gli ebrei, verde per i criminali comuni, rosso per i prigionieri politici, viola per i Testimoni di Geova e rosa per gli omosessuali maschi.

L’opera, dopo una brevissima autorizzazione da installazione temporanea, è rimasta di fatto per anni abusiva fino a quando il Comune non ha deciso di inserirla nell’inventario del proprio patrimonio in attesa di una sistemazione definitiva che deve ancora arrivare.

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Nel frattempo sembra esserci stato un preoccupante calo d’attenzione e di rispetto dei più piccoli elementi diffusi in città per tenere sempre vivo il ricordo della furia nazifascista. L’11 gennaio scorso erano sparite dalla loro collocazione nei pressi del Ghetto alcune delle pietre d’inciampo, poi recuperate, che sono state poste fuori dalle case delle persone deportate.

E fra i periodici atti vandalici alle targhe ed al Museo della Liberazione neanche il monumento non ufficiale di piazzale Ostiense, riportato solo negli ultimi anni ad uno stato dignitoso, se l’è cavata sempre così bene fra scritte e periodici cumuli di immondizia.

Fortunatamente, visto il moltiplicarsi delle iniziative e la partecipazione che registrano, ad un’apparentemente diffusa e trasversale disattenzione politica sulla questione non corrisponde un pari disinteresse dei cittadini, segno che probabilmente un monumento di questo tipo sarebbe accolto con molto più favore di altri più recenti e discussi. Non significa quindi che i romani non ricordino ma che forse tenderanno a contribuire sempre meno ad una memoria che non può e non deve essere solo di alcuni limitati gruppi ma deve necessariamente essere collettiva e supportata da una volontà politica che si sforzi di incorraggiarla e preservarla.

Non ci resta che attendere ancora che qualcosa di nuovo, forse prima fra la gente che fra i politici, torni a muoversi.

di Andrea Contieri

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