È possibile essere un performer gay e intanto coltivare anche altre aspirazioni professionali? È facile pensare che lavorare nel mondo dell’hard sia una sorta di ultima spiaggia per chi ha bisogno di soldi facili (e magari in privato è etero) o per chi non sa fare altro, uno sfogo per chi vuole legittimare le proprie fregole oppure una sorta di vetrina per chi fa l’escort di professione, ma forse non è proprio così.
Qualche dubbio è legittimo spulciando nel mondo del porno gay americano, dove tanti performers coltivano carriere altrettanto gratificanti in ambiti diversissimi. Molti hanno una passione per la musica e diventano DJ: Dominic Pacifico e il nostrano Filippo Romano, ad esempio. Altri scrivono su riviste musicali (come Johnny Hazzard che è anche un vocalist) e alcuni stanno diventando cantanti a tutti gli effetti, come Colton Ford e Fredrick Ford (nessuna parentela).
Anche la carriera di agente immobiliare sembra essere molto praticata da chi si dedica al porno gay: Tag Eriksson e Eric Hanson, ad esempio, hanno un buon successo in questo settore. Marcus Iron, dal canto suo, è un apprezzato architetto paesaggista che è stato anche intervistato dal prestigioso canale satellitare statunitense HGTV (specializzato in giardinaggio professionale e architettura). Più o meno sulla stessa lunghezza d’onda è anche Pete Kuzak (vero nome Scott Peters), che oltre a progettare giardini e anche un rinomato decoratore d’interni (anche lui molto quotato nel settore).
Altri performers sono praticanti avvocati (Brad Benton), e altri ancora tentano di lanciare linee di moda (come Francois Sagat). Ovviamente sarebbe sbagliato generalizzare e dire che tutti i performers sono anche professionisti di successo riuscendo a conciliare le due cose (ne sa qualcosa Roman Ragazzi, che ha perso il posto una volta "scoperto"). D’altra parte sarebbe anche ipocrita omettere che effettivamente buona parte dei performers gay, a prescindere dalle loro carriere (porno e non), si offrono anche come escorts.
Il punto però è un altro: i casi finora elencati dimostrano che per queste persone vivere la sessualità gay in maniera visibile e disinibita non condiziona le loro scelte individuali o le loro aspirazioni. Il discorso è complesso e abbastanza ostico per chi vive in Italia: la cultura americana (che tende a premiare i meriti e la buona volontà), cozza pesantemente con quella nostrana. Anche la differenza nel concetto di "guadagno" fra la mentalità protestante e quella cattolica incide molto. Forse, però, la differenza più lampante è che negli USA essere "gay" non vuol dire solo avere rapporti sessuali (e/o affettivi) con persone del proprio sesso, ma significa anche integrare tutto questo con gli altri aspetti della vita. In Italia, purtroppo, la sessualità gay, e ancor più quella mostrata nei porno, è ancora legata e relegata (anche e soprattutto da buona parte degli stessi gay, meno emancipati e più nascosti di quelli stranieri) a un immaginario con valenze ben diverse (come si evidenzia nei video ALL MALE STUDIO ). Forse non è un caso se tanti aspiranti performers italiani preferiscono partire subito dalle produzioni straniere, peraltro con buoni riscontri.
di Valeriano Elfodiluce
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