Ciao Flavio,
dopo aver letto i tuoi articoli, cercavo di associare una tua immagine al tuo modo di scrivere, quasi per avere conferma della tua reale esistenza. Stranamente ti immaginavo come un personaggio dei fumetti, nonostante i testi dei tuoi articoli trasudino esperienza dettata dalla realtà. Strana sensazione, considerando il fatto che, leggendo un libro, di personaggi fantastici io tenda a creare un’ immagine piuttosto realistica…
Di questa mail mi piace molto il candore con cui ammette quanto talvolta stravolgiamo la realtà secondo le sensazioni che riceviamo: anche se le mie esperienze trattano di cose reali, il lettore mi immaginava come un personaggio dei fumetti, allo stesso modo in cui attribuisce sembianze reali a creature di fantasia.
Ora che sotto il titolo dei pezzi le firme del sito sono linkate a pagine dove, oltre a qualche informazione in più su chi scrive, si può avere un’idea del nostro aspetto (nel mio caso mi si può ammirare a mezzo busto di sguincio con l’aria trasognata recatami in dono dalla miopia), si è perso un po’ del mistero forse, ma si è aggiunta un’ulteriore trasparenza, quantomeno fisica.
Più che una gratuita esibizione, lo trovo infatti un invito a non nascondersi. Almeno nel mio caso, considerato che, in occasione della presentazione in tv del mio primo libro, oltre allo pseudonimo mi ritrovavo addosso una maschera, nel tentativo (goffo quanto vano) di nascondere la mia vera identità.
L’omofobia dilagante (ma non solo) ci costringe spesso a rimanere nell’ombra: viviamo in un Paese ipocrita attanagliato da fedi e ideologie che istigano le persone a fingersi altro da sé. Proprio per questo motivo, l’atto di uscire allo scoperto (specialmente da parte di persone molto in vista) è sempre stato un forte messaggio per i più giovani e per chiunque abbia seri motivi di farsi riconoscere. Così come l’ostinazione a negarlo di alcune ‘celebrità’ suona ormai, oltre che ridicola, anche vigliacca.
Ma il farsi vedere in foto ha anche un altro aspetto, decisamente meno impegnato e più legato all’erotismo. In molti siti e chat, infatti, si nota la differenza tra i profili con foto e quelli che ne sono del tutto privi o ne inseriscono fastidiosamente di neutre (paesaggi, fiori, tatuaggi, manga o vecchie attrici in pensione).
A questi si aggiungono poi i più ambigui, ovvero tutti coloro che, sapendo bene che una foto attira più di lunghe e ammiccanti descrizioni, non vogliono comunque esporsi troppo. Ecco allora comparire, insieme a tante immagini oscure, anche numerosi frammenti di corpo, quasi dei ritrovamenti di faticosi scavi: figure acefale, torsi senza braccia, coppie di piedi e un’infinità di dettagli intimi (talvolta di dubbia attribuzione).
So bene che alcune parti del corpo sanno risvegliare gli ormoni e invogliare all’atto sessuale, ma io ho sempre preferito vederle unite a tutto il resto. Non prendetemi per snob, ma non sono mai stato particolarmente attratto dalle frattaglie: per quanto mi sia trovato spesso con persone lontane dai miei ideali che magari mi piacevano per un solo dettaglio (non per forza lo stesso), mi rimane indifferente vedere un singolo pezzo di corpo, fosse anche notevole e magnificamente ritratto.
Se è vero però che lo scambio delle foto è una delle componenti più forti al momento di decidere se incontrare o meno qualcuno, se certe foto ci stimolano ed altre ci trattengono dall’accettare le proposte che ci giungono, è altrettanto vero che nessuna immagine è in grado di trasmetterci tutto di una persona: l’incontro dal vivo riserva comunque molte sorprese.
Tra chi è più fotogenico e chi meno, tra foto venute meglio e altre peggio, siamo soprattutto noi a ‘costruire’ l’altro, lasciandoci andare all’immaginazione e rimanendo magari delusi dalla realtà. Altre volte, al contrario, la persona in carne ed ossa ci sorprende in positivo: l’intensità del suo sguardo, la mobilità del volto, delle mani, l’armonia dei movimenti, il calore che emana e il suo stesso odore colpiscono i nostri sensi in un modo che nessuna apparecchiatura saprebbe mai catturare in un unico fotogramma.
Eppure, nonostante questa consapevolezza, la maggior parte di noi, prima di tentare l’avventura, sente comunque il bisogno di dare una ‘sbirciatina’, per farsi almeno una piccola, magari vaghissima idea di chi ci possa essere dall’altra parte.
Flavio Mazzini, trentacinquenne giornalista, è autore di Quanti padri di famiglia (Castelvecchi, 2005), reportage sulla prostituzione maschile vista "dall’interno", e di E adesso chi lo dice a mamma? (Castelvecchi, 2006), sul coming out e sull’universo familiare di gay, lesbiche e trans.
Dal 1° gennaio 2006 tiene su Gay.it la rubrica Sesso.Per scrivere a Flavio Mazzini clicca qui
di Flavio Mazzini
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