Mentre gli Oscar si rivelano spudoratamente maschilisti, al punto che spunta l’hashtag #OscarSoMale (l’unica regista donna candidata è la tedesca Maren Ade per la spiazzante e originale commedia Toni Erdmann), alla 67esima Berlinale – 9/19 febbraio – il cinema si riscopre un affare di donne.
La regista tedesca Monika Treut, autrice lesbica di culto soprattutto in Germania, definita dal direttore della Berlinale Dieter Kosslick “una leggenda del nuovo cinema queer” e vincitrice al Togay nel 1991 con My Father Is Coming, riceverà uno Speciale Teddy Award alla carriera. Nella sezione Panorama si potrà (ri)vedere la sua commedia saffica Virgin Machine del 1988 su una giornalista amburghese che scopre il mondo lesbico a San Francisco grazie a tre donne molto diverse tra loro: un’ungherese disinibita, una specialista in sex toys e un attraente drag king.
Al tradizionale premio queer, l’ambito orsetto gay arrivato alla 31esima edizione, concorrerà il nuovo, atteso lavoro dell’anarchico canadese Bruce Labruce, The Misandrists, su un’armata al femminile che vive in una sorta di caserma inaccessibile agli uomini finché un soldato vi trova rifugio, scatenando le ire della sovrintendente detta La Grande Madre. Il gruppo di amazzoni ribelli detesta tutto ciò che è riferibile al maschile e cerca di femminilizzare anche il linguaggio: vivono in un luogo imprecisato della Ger(wo)many e le loro preghiere terminano con un solenne ‘A(wo)man’. Tra la radicalità ideologica di Valérie Solanas e la bizzarria all-female di Cowgirl, si preannuncia una nuova birbonata dell’inclassificabile folletto post queer, per la prima volta alle prese con un universo interamente femminile.
Nel concorso ufficiale troviamo Una mujer fantastica del cileno Sebastian Lelio (Gloria) in cui la transessuale Marina (Daniela Vega, trans anche nella realtà) vede crollare il suo mondo alla morte dell’amante Orlando, di vent’anni più grande: la famiglia di lui non la vuole al funerale e la costringe a lasciare l’appartamento in cui vive perché intestato a Orlando.
Ovviamente, essendo Berlino, non mancano i film gay: abbiamo grandi aspettative da Discreet, il mistery thriller di Travis Mathews su un regista che, dal furgone in cui vive, film l’America rurale. Quando la madre alcolizzata gli rivela un segreto sconvolgente, la sua vita subirà un cambiamento radicale. Nel dramma inglese agreste God’s Own Country di Francis Lee un fattore dello Yorkshire è turbato dall’arrivo di un lavorante rumeno che ricambierà le sue attenzioni. La crisi sentimentale di una coppia di uomini con un bimbo è invece al centro del tedesco Ein Wag (letteralmente ‘Una tantum’ ma il titolo internazionale sarà Paths, ossia Percorsi) di Chris Miera presentato nella sezione Perspective Deutsches Kino.
Anche tra i documentari constatiamo che i titoli più interessanti riguardano donne: Chavela di Catherine Gund e Daresha Kyi ci fa riscoprire la cantante lesbica messicana Chavela Vargas adorata da Almodóvar (“La sua voce mi ha fatto piangere tante volte”) e deceduta nel 2013 a 93 anni.
Tre generazioni di donne vengono analizzate nel taiwanese Small Talk della regista Hui-chen Huang che racconta l’omosessualità di sua madre, sposata in giovane età con un marito violento.
My Wonderful West Berlin di Jochen Hick approfondisce invece la storia della comunità LGBT berlinese negli anni ’60, quando pullulavano le queer houses e le comuni di soli maschi, per arrivare alla Campagna omosessuale di Berlino Ovest del 1970 in cui si chiedeva l’abolizione del famigerato Paragrafo 175 che criminalizzava gli atti omosessuali.
Una curiosa ricognizione sulla moderna vita omosessuale è invece al centro di Dream Boat del regista tedesco Tristan Ferland Milewski che intervista vari partecipanti a una crociera interamente gay.
Per la prima volta, nell’affollato European Film Market in Martin Groupius Bau, ci sarà un incontro dedicato alla cine-produzione LGBT, il Queer Academy Industry Meeting.
In Panorama troviamo il sentimentale gay Call Me By Your Name di Luca Guadagnino di cui abbiamo già ampiamente parlato.
La nostra costumista da quattro premi Oscar, la divina Milena Canonero, collaboratrice di Kubrick e Polanski, riceverà infine un Orso d’Oro alla carriera. Le sarà dedicato anche un Omaggio con dieci film di cui ha disegnato gli splendidi abiti.
Appuntamento quindi giovedì 9 al Berlinale Palast con l’apertura ufficiale del festival e la proiezione dell’esordio cinematografico di Etienne Comar, Django, sulla rocambolesca vita del celebre chitarrista belga Django Reinhardt interpretato da Reda Kateb.
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.
Maschilista l'oscar? Ma scusate a parte che i premi agli attori sono divisi per genere nel caso dei registi viene premiato il film e se il regista è uomo non è che si possa fare parità di genere. Se il film non è decente dovrebbero premiarlo solo perché il regista è donna? I registi donna sono pochissimi. Se ce ne saranno di più e faranno film belli verranno premiati