Abatantuono: «Ho il rammarico di non avere amato un uomo»

Tra esperienze di vita e cinema omosex, l'attore milanese ci racconta la genesi del ruolo di un professore gay in "I mostri oggi" firmato da Enrico Oldoini, raccolta di sketches sui vizi italici.

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Il figlio Marco ha appena vinto una partita a calcio con un risultato schiacciante: 4-1. E lui, il grande Diego Abatantuono, l’ex "terrunciello" che aveva sempre "il filoncino speciale" per Pina, la moglie di Fantozzi, è di un umore "eccezzziunale veramente". Lo contattiamo per farci raccontare la genesi de I mostri oggi firmato da Enrico Oldoini, raccolta di 16 sketches minimalisti sugli orrori sociali della discutibile (in)civiltà contemporanea interpretati da un cast coralmente cinetelevisivo di rilievo: oltre ad Abatantuono, ci sono Sabrina Ferilli, Angela Finocchiaro, Carlo Buccirosso, Giorgio Panariello e Claudio Bisio che a questo proposito ha dichiarato: «Per me oggi il mostro è quel medico che afferma che l’omosessualità è una malattia, davanti a un anchorman compiacente di cui non faccio il nome… Anche se si chiama Bruno Vespa!».

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Gli italiani si stanno forse specchiando in questo desolante accumulo di brutture sui vizi dei "Bei paesani", terzo episodio dopo l’epocale I mostri di Dino Risi del 1963 e, a distanza di quattordici anni, I nuovi mostri firmato a sei mani dallo stesso Risi, Monicelli e Scola? Sembra proprio di sì: il botteghino infatti sorride, e il deprimente film di Oldoini è secondo in classifica, dietro al meraviglioso Gran Torino di Clint Eastwood, con più di un milione di euro d’incasso in questo weekend.

Che cosa ti è piaciuto del personaggio del raffinato professore gay dell’episodio ‘Padri e figli’, uno dei pochi ad essere realmente strutturato?
Sono stato uno dei primi a leggere i vari episodi, ho avuto possibilità di scelta. Mi piaceva molto ‘Il povero Ghigo’ (in cui interpreta un vip prezzolato ai funerali, n.d.r.), ‘Accogliamoli’ sugli extracomunitari, il ruolo del prete e quello del professore gay. Rappresentano il tentativo di coniugare la comicità con un po’ di satira e di sostanza: è importante che si arrivi a parlare di temi sociali. L’episodio ‘Padri e figli’ è una sorta di riconoscimento-omaggio all’episodio de ‘I mostri’ legato a un tradimento in cui Tognazzi faceva quello che faccio io in chiave etero (‘Come un padre’, n.d.r.).

La tua caratterizzazione dell’omosessuale è molto equilibrata…È stato molto bello da recitare. Il mio personaggio è speculare a quello del portinaio interpretato da Panariello. Risulta interessante perché non spingo sull’acceleratore: quando il pubblico viene a sapere che sto col ragazzo avrei potuto fare una controscena ma mi sembrava brutto. Il vero mostro non è certo né il professore né il giovane ma l’ottusità del portinaio che, al di là della felicità degli altri, si preoccupa di mantenere statica la vita nel suo condominio. Voglio sottolinearlo: loro due sono vittime del portiere.

Il ragazzo, però, lo definisci ‘una troia’!Sì, ma in fondo non ci sarebbe stato nulla di male anche se fosse stato vero quello che ha raccontato il padre del ragazzo… Per il portinaio questo non si fa, il palazzo è un microcosmo che lui tenta di mantenere davvero immobile.

Questo non è il tuo primo ruolo gay: in ‘I figli di Annibale’ baciavi Insinna sulle note di ‘El Pueblo’… Hai interpretato altri personaggi omosex?Non mi vengono in mente anche se in ‘Mediterraneo’ c’era Ugo Conti che si dichiarava innamorato di me ma io non ricambiavo i suoi sentimenti…

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Hai dichiarato di essere un ‘candidato alla bisessualità che appartiene a molti italiani’. Questa candidatura ha avuto un seguito?No, non ha avuto un seguito ma quando stai con una persona da 23 anni, uomo o donna non importa, ti viene da pensare: se non fossi stato con lei quante cose sarebbero potute succedere! Ho il rammarico di non avere avuto un uomo come quello di non avere avuto fidanzate di 22 anni…

Hai avuto amori anche solo platonici con maschi?No, ma ti devo confessare che ho vissuto forti amicizie con uomini che io definisco rapporti ‘di grande amore’ senza però sforamenti erotici. Se li avessi desiderati, li avrei cercati fuori dal rapporto di amicizia.

Ne ‘I mostri oggi’ si vede una coppia gay che fa la spesa al supermercato e la Ferilli si invaghisce di uno dei due, un ragazzo assai avvenente: il messaggio è positivo, mette in luce la quotidianità gay…Credo che dovrebbe avvenire sempre: sono sempre stato un sostenitore dei gay. Questa tematica andrebbe affrontata tentando anche di coniugare il divertimento come facevano i grandi, come Scola, Monicelli, Risi…

E come vedi questo rilancio del cinema gay in Italia, dal successo di Diverso da chi? agli Oscar di Milk?Penso che da molto tempo ci sono film che trattano quest’argomento: al di là dei film la chiave per far partecipare alla realtà di una pellicola cinematografica è creare la quotidianità: non è un problema ma un dato di fatto come deve essere. Affrontare il tema all’interno di altre tematiche significative è già di per sé importante.

La realtà italiana è ancora però molto distante da quella cinematografica: che cosa pensi delle adozioni agli omosessuali?

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Sono dell’idea che se un bambino deve essere adottato vuole dire che non ha una famiglia: la discriminante non è nella coppia gay ma nella qualità delle persone che devono avere le caratteristiche per poter adottare. Non importa se uomo e donna, uomo e uomo o donna e donna. Il problema nasce anche da mille coppie che si sposano e fanno figli come comprerebbero dei cagnolini visti in vetrina, per loro la conoscenza dell’educare finisce lì. E poi c’è la Chiesa che ha molto, troppo potere…

Quindi sono questi gli ennesimi mostri?Un tempo, per il ceto sociale dei gentiluomini, si diceva ‘è brava gente’. Adesso un brav’uomo dev’essere astuto, cinico, freddo. È un mondo fatto di gente che non paga le tasse. I veri mostri sono quelli che hanno più potere: più sono potenti e più sono mostruosi.

Nel prossimo film niente più mostri, ma comunque tanti uomini: che cosa farai in ‘Gli amici del bar Margherita’ di Avati in uscita la prossima settimana?Sì, è un film prettamente maschile ma è ambientato negli anni ’50 e il bar era frequentato da una clientela composta soprattutto da uomini. Al Margherita va anche il mio personaggio, Al, un uomo misterioso. Il bar, allora, era un luogo molto civile, affascinante. Andare al bar significava crescere, avere termini di paragone. Non era per nulla un posto razzista, anzi, la gente si integrava e veniva messa alla prova nei giochi in cui era coinvolta. Nel bar di Pupi Avati ci sono questi valori, è un film educato e dolce.

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