ROMA – «L’omosessuale è sempre utilizzato per far scattare qualche facile risata. Non è difficile farne delle macchiette, delle caricature. Molto più difficile rappresentarne l’umanità». Con queste sue parole vogliamo ricordare Nino Manfredi, morto questa mattina a Roma, all’ospedale Nuovo Regina Margherita, a 83 anni, dopo una lunga malattia. Le sue condizioni, già precarie, nei giorni recenti si erano ulteriormente aggravate, fino al ricovero in terapia intensiva. Il 9 luglio 2003 era stato colpito da un emorragia cerebrale. A settembre un miglioramento, il ritorno a casa, fino a una serie di ricadute tra cui quella che gli sarebbe stata fatale, ieri.
Per due volte nella sua lunga e fortunata carriera, Manfredi ha interpretato un personaggio dichiaratamente gay. L’ultimo, si chiamava Francesco, era un anziano professore di liceo, costretto dalle “malelingue”, dopo lo spontaneo “coming out”, a scappare in giovane età dal paesino in cui viveva con la madre e il fratello Nicola, “razzista, assolutista, fermamente deciso a non concedere libertà neppure ai propri figli”: era il protagonista dello sceneggiato “Un difetto di famiglia” andato in onda su RaiUno due anni fa, che ha anche vinto importanti premi televisivi per la delicatezza con cui toccava un argomento difficile.
Nino Manfredi nella sua lunga e prestigiosa carriera aveva già interpretato il personaggio di un omosessuale una sola volta, in “Vedo Nudo“, un film a episodi diretto da Dino Risi. «E’ andata bene – raccontava l’attore – ma da allora ho capito quanto è difficile e ho sempre rifiutato. Perché l’omosessuale è sempre utilizzato per far scattare qualche facile risata. Non è difficile farne delle macchiette, delle caricature. Molto più difficile rappresentarne l’umanità».
Manfredi descrisse il suo personaggio in “Un difetto di famiglia” come «uno dei tanti omosessuali – e sono la stragrande maggioranza – che fanno una vita normale, quasi anonima, che sono monogami, non effemminati, non esibizionisti, e non desiderano provocare e dare scandalo. E’ un uomo di cultura, che ha classe e raffinatezza, che ha pagato di persona la sua coerenza e il coraggio di dichiararsi omosessuale in un paesino del sud, negli anni sessanta».
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