Molti omosessuali cinefili hanno amato quella che viene considerata la “Bibbia” dello studio della cinematografia gay, “Lo Schermo Velato“, saggio scritto agli inizi degli anni ’80 da Vito Russo. Ma anche i meno addetti ai lavori che hanno letto un libro o un articolo sull’omosessualità al cinema, sicuramente non ha potuto ricordare e visualizzare tutti gli spezzoni, le scene, i dialoghi citati sulla pagina stampata, che prendono vita solo sul grande schermo. Vedere “Lo Schermo Velato”, il documentario o, meglio, saggio cinematografico realizzato da Rob Epstein e Jeffrey Friedman nel 1991, ed ora finalmente ^Sdisponibile in DVD^s grazie alla distribuzione nella collana Queer della Dolmen Video, permette di godere della storia della presenza gay al cinema citando direttamente scene dai film in questione.
“Lo Schermo Velato”, che ha anche ottenuto una nomination all’Oscar, ripercorre la storia del cinema attraverso gli spezzoni di oltre cento film evidenziando i rapporti che da un primo breve filmato della Edison del 1905 al contemporaneo “Philadelphia” sono intercorsi tra cinema e omosessualità. Epstein e Friedman si concentrano in special modo sul periodo classico del cinema americano (anni ’30, ’40 e ’50), quando qualunque rappresentazione dell’omosessualità veniva regolarmente censurata sullo schermo.
Il film si avvale della voce narrante di Lily Tomlin e delle testimonianze di attori, registi e sceneggiatori, tra cui molti nomi famosi, come Tony Curtis, Shirley MacLaine, Whoopi Goldberg, John Schlesinger e Armistead Maupin che ha anche collaborato ai testi.
Da Chaplin a Marlene Dietrich, da Ben Hur a Spartacus, da Fiume Rosso a Gioventù Bruciata, da Philadelphia a Miriam si sveglia a mezzanotte lo sguardo acuto e indiscreto degli autori smaschera i messaggi latenti di una sessualità altra, così come emerge dall’immaginario filmico degli ultimi cento anni. E al contempo aiuta a scardinare stereotipi sociali ormai sorpassati, strappando il velo a una sequela di immagini che potevano essere solo vagamente allusive, ambigue circa determinate questioni sessuali.
Se a volte lo “svelamento” può sembrare un po’ forzato, dalla visione del film emerge però chiaramente come la presenza dell’omosessualità, che agli albori della storia del cinema non creava alcun imbarazzo, lentamente comincia a fare paura. Il culmine della censura si raggiunge con il codice Hays, che impone a sceneggiatori e registi di cancellare o occultare ogni allusione all’omoerotismo: è in questo periodo che i film-makers diventano abilissimi nel celare la realtà della relazione gay o lesbica dietro contesti e dissimulazioni improbabili. Certo, il risultato è sotto gli occhi di tutti, e film che centravano la questione passano inosservati ai più, ma Epstein e Friedman ci deliziano con il loro tenace e certosino lavoro di “decrittazione” del senso nascosto; ed è forse questo il piacere più intenso che viene dalla visione del DVD.
Per inciso, Rob Epstein e Jeffrey Friedman sono anche gli autori di un altro splendido documentario da poco pubblicato anch’esso in DVD nella collana Queer della Dolmen, quel Paragraph 175, che raccoglie le testimonianze di omosessuali sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti. E’ un’opera che rompe il silenzio su vicende di cui non si è parlato per oltre 30 anni, e che riguardano circa 15000 omosessuali condannati in base al paragrafo 175 del codice penale tedesco, molti dei quali finirono nei campi di concentramento, dove furono tra i primi a morire, perché gli uomini col triangolo rosa erano il simbolo di uno dei gruppi maggiormente disprezzati. La memoria di questa vicenda ha cominciato a essere ricostruita solo negli anni Settanta, per iniziativa del movimento gay, e dopo altri tre decenni Paragraph 175 traduce in emozioni visive i racconti atroci di quei pochi che ancora nel 1999, viventi, potevano testimoniare quest’orrore dimenticato, rimosso spesso dagli stessi protagonisti.
Questi ultimi vittime non solo delle persecuzioni naziste, ma anche della vergogna di essere omosessuali. Un documento unico per la sua forza narrativa, che colpisce soprattutto per ciò che non si vede, ma s’immagina dietro agli occhi di quei vecchi signori che parlano, piangono e ogni tanto restano ammutoliti per qualche lunghissimo secondo, schiacciati dal dolore del ricordo. Un lavoro di ricerca durato quasi tre anni tra raccolta fondi, ricerca, preparazione, produzione. Presentato al Sundance e vincitore dell’Orso d’oro come miglior documentario al Festival di Berlino del 2000, l’accoglienza in Germania è stata positiva e ha indotto il governo tedesco ad accelerare la pratica di riconoscimento ufficiale di risarcimento agli omosessuali sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti, recentemente approvata.
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