Tra i pochi tabù rimasti a sfidare le convenzioni sociali, sicuramente l’incesto resta uno dei più perturbanti, complice quella percezione ‘inviolabile’ del rapporto famigliare, vincolo sacrale supremo: già nel testo sacro ebraico del Talmud l’incesto è associato all’assassinio e all’idolatria.
Partendo da una sceneggiatura scritta da Jean Grualt nel 1973 e proposta a François Truffaut che però non l’adattò mai al grande schermo (fu intimidito dall’ambientazione medioevale e dal fatto che nello stesso anno Louis Malle aveva diretto un altro film sull’incesto, Soffio al cuore), la regista 43enne francese Valérie Donzelli, nata proprio in quell’anno, racconta in Marguerite e Julien – la leggenda degli amanti impossibili la storia vera dell’amore seicentesco tra un fratello e una sorella, Julien e Marguerite de Ravalet, figli del signore di Tourlaville, in Bassa Normandia, condannati alla decapitazione in pubblica piazza. Il tutto come se fosse una fiaba raccontata in un orfanotrofio con alcune contaminazioni stranianti che ricordano l’operazione pop di Sofia Coppola in Marie Antoinette: costumi non d’epoca, inserti di elementi incongrui (un elicottero, un biliardino), i bimbi che parlano con voce d’adulto nella recita di una pièce.
Fratello e sorella di un’abbiente famiglia aristocratica, Marguerite e Julien si amano fin da piccoli con tenerezza e abbandono, non riescono a fare a meno l’uno dell’altra. Julien viene mandato a studiare all’estero ma quando torna non può rinunciare alla sua Marguerite. La famiglia è profondamente turbata dallo scandaloso rapporto fra i due e, sotto pressione di uno zio abate, il padre costringe la figlia a sposare un agiato borghese violento (Raoul Fernandez) che vive con la madre (Geraldine Chapin) ma Marguerite non gli si concederà mai. La coppia di amanti impossibili deciderà così di pianificare una fuga disperata.
Pur essendo stato in concorso per la Queer Palm a Cannes l’anno scorso – era anche in competizione ufficiale – l’unico elemento espressamente queer di Marguerite e Julien è un fugace e piuttosto ridicolo travestimento da uomo della protagonista con tanto di baffettini alla Jules & Jim.
L’amour fou però non vibra di passionalità tale da coinvolgere lo spettatore e, nonostante l’impegno dei bravi protagonisti (Anaïs Demoustier è una palpitante Marguerite, il malinconico Jérémie Elkaïm incarna Julien), il risultato è poco emozionante e piuttosto artificioso – era decisamente più riuscito il semiautobiografico La guerra è dichiarata, film rivelazione della Donzelli risalente al 2011. Anche la scelta di evitare la precisione filologica del film storico non coincide con la creazione di un ‘nuovo mondo’ che attraversa varie epoche ma solo l’accostamento di alcune dissonanze che tendono a stridere nello svolgersi della narrazione.
“Ho pensato che fosse interessante il fatto che quest’amore così proibito non avesse altra soluzione se non la morte – spiega la regista -. Se riuscissero a gestirlo, preferirebbero seguire il corso della vita anziché quello della morte. Ma il loro amore è così forte che non possono fare altro che viverlo appieno, e morirne. Faccio un esempio, che potrebbe sembrare azzardato, ma è come essere gay in una società che non lo permette. Quelli che vivono la propria omosessualità nonostante le imposizioni, lo fanno al costo di essere soggetti a umiliazioni, incarcerazioni o addirittura alla pena di morte”.
“Oggi, nella nostra società più permissiva – continua la Donzelli -, è difficile trovare qualcosa di equivalente; l’incesto tra fratello e sorella è ancora proibito – senza essere punibile con la pena di morte, certo. Detto questo, nel tempo il cui la storia è raccontata, loro non erano condannati a morte per incesto, ma per adulterio. Il vero problema è che lei era sposata e la donna era di proprietà del marito. Questo si ritrova ancora oggi in alcune culture. È un riflesso della libertà. Fino a che punto si è disposti a vivere il proprio amore, seguire la propria natura, anche se il risultato sarebbe la morte?”.
Presentato in apertura dell’ultima edizione del Sicilia Queer Film Fest, Marguerite e Julien – La leggenda degli amanti impossibili esce in Italia grazie a Officine Ubu.
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