Finalmente una trans ‘umana’ in “L’ultimo terrestre” di Gipi

Luca Marinelli interpreta con misura un'amorevole transessuale nel bislacco esordio del fumettista Gianni Pacinotti. Uno sguardo anarcoide su un'Italia abulica incapace di accogliere persino gli Ufo.

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Al Lido ha fatto incetta di premi minori – l’Arca Giovani, il Mimmo Rotella, una segnalazione del Pasinetti – ed è stato l’outsider, il vero ‘dark horse’ della competizione, rivelandosi una piacevole sorpresa: il bislacco "L’ultimo terrestre" del fumettista Gipi, all’anagrafe Gian Alfonso Pacinotti, è stato quindi ignorato dalla giuria di Venezia 68 che ha scelto per il Leone d’Oro, come da previsioni, il solenne "Faust" di Sokurov (sul palco il regista russo ha ricordato che sul set c’erano maestranze di 38 nazioni!). Anche al botteghino, questo curioso esordio cinematografico, tratto dal fumetto a episodi "Nessuno mi farà del male" di Giacomo Monti, è partito male, con soli 35000 euro d’incasso nel primo weekend. Eppure merita una visione.

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"L’ultimo terrestre" è Luca Bertacci (Gabriele Spinelli, perfetto), un timido, impacciato e bruttarello cameriere in un desolante PalaBingo, a disagio costante per la sua difficoltà nel relazionarsi con le donne: riesce ad avere rapporti solo con una bizzarra prostituta in età che esercita in un mobilificio, il suo unico amico è l’amorevole trans Roberta (Luca Marinelli, protagonista de "La solitudine dei numeri primi") e la vicina di cui è innamorato lo considera un ‘mostro’. Lo sfondo in cui si muovono queste tristi figur(in)e è l’Italia involgarita delle periferie cementificate, del consumismo più bieco, dell’abulia sociale, annoiata e accidiosa persino se viene annunciato lo sbarco dei marziani, sfruttato commercialmente da loschi imbonitori che promettono gratificanti incontri con i profetici e misteriosi ‘esseri di luce’. "Gli alieni sono gli altri – ha spiegato il regista -. Evidenziano la nostra vulnerabilità, il nostro sentimento di perifericità".

L’unica a salvarsi, vera aliena buona in un mondo di alienati, sembra la dolce, umanissima trans Roberta, interpretata con molta misura da Marinelli che non rende effettata né la voce né movenze e atteggiamenti, in grado di dispensare a Luca saggi consigli sui suoi problemi relazionali (è stato abbandonato da piccolo dalla madre mentre il padre anziano, interpretato abilmente da Roberto Herlitzka, vive sciattamente da solo in una fattoria e ne conosce un terribile segreto).

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Ma proprio Roberta diventa il capro espiatorio della frustrazione repressa e bestiale del gruppo di colleghi del protagonista, a cui aderisce anche lui per non sentirsi escluso, tradendo così l’amica: in una violenta scena d’aggressione transfobica, il regista sembra volerci dire che in Italia il problema dell’omofobia è talmente grave da poter essere risolto solo con l’arrivo degli extraterrestri.

"Un giorno mi squilla il telefono e mi parlano di questo ruolo trans – ha spiegato Marinelli in conferenza stampa -. Io ho risposto: ‘Ah…’. Poi è arrivata la sceneggiatura e lì mi sono sinceramente innamorato di questo personaggio. Non so perché ma lo vedevo tutto bianco, vedevo i suoi sentimenti. Il provino che ho fatto mi ha dato totale fiducia. All’inizio forse si è creato un po’ d’imbarazzo: sono arrivato alla Fandango con le unghie laccate… Avevo fatto le prove a casa! Poi per fortuna sono stato scelto. Si tratta di un personaggio molto emozionante. È stata una gran bella esperienza, ho conosciuto persone meravigliose".

Nel panorama piuttosto desolante del nuovo cinema italiano, tranne rare eccezioni: Alice Rohrwacher, Peter Marcias, Pietro Marcello, invaso da una sequela di commediole popolari, convenzionali e prevedibili, un film così curiosamente anarcoide non è che una boccata d’aria fresca (anche se non esente da difetti evidenti, quali un ritmo un po’ zoppicante e una certa inconsistenza inconcludente soprattutto nell’ultima parte, viziata da una chiusa semplicistica). È anche vero però che proprio Venezia ha dato qualche segnale positivo per quanto riguarda le produzioni tricolori d’autore, assegnando il premio De Laurentiis come miglior opera prima a "Là-bas" di Guido Lombardi e il premio speciale della Giuria a "Terraferma" di Crialese, incentrati entrambi sul tema dell’immigrazione, molto presente quest’anno.

Insomma, per una volta si può fare il tifo per il buon cinema, innovativo e stimolante, più ‘terrestre’ che c’è: quello della nostra terra.

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