“Boys don’t cry”, film in odore di Oscar grazie alle candidature delle due interpreti principali, prende in prestito il titolo da una delle più belle canzoni dei Cure per narrare un fatto di sangue realmente avvenuto in Nebraska nei primi anni novanta: è la storia di una ventunenne,Teena Brandon (Hilary Swank),che ebbe il discutibile torto di sentirsi più uomo che donna e che pagò, prima con lo stupro e poi con la vita l’aver fatto innamorare di se’ una ragazza del posto. Teena Brandon è una ragazza che si sente, si veste e si comporta come un ragazzo , si fa chiamare Brandon Teena e che è alla ricerca di un barlume di dignità da dare alla sua vita. Lana (Chloe Sevigny) è invece una ragazza che in una propria dignità ormai non ci spera quasi più, ballottata tra una madre alcolizzata ed un gruppo di amici “sbandati”. Quando Brandon entra nella vita di Lana, quest’ultima non può che innamorarsene, scorgendo nell’unica persona che le dimostra dolcezza e sensibilità uno spiraglio di speranza. Questo sentimento si dimostrerà talmente forte da non essere intaccato dalla scoperta della vera identità sessuale di Brandon,f atto che invece provocherà una esplosione di rabbia e violenza in due ragazzi del posto, pronti allo stupro e persino all’omicidio. La regista, prendendo spunto dal tema della sessualità con tutte le sue varianti, vuole mostrarci come certe condizioni di vita possono generare sentimenti di rabbia repressa con esplosioni di violenza spesso a danno dei più deboli e dei cosiddetti “diversi”. La vicenda infatti si è svolta, e si svolge, in un piccolo paese della profonda provincia americana dove spesso la vita è sinonimo di miseria, e si cerca di riempire la noia ed il vuoto delle giornate bevendo intere casse di birra e fumando pacchetti di sigarette, nella speranza che prima o poi accada qualcosa che cambi la vita ma con la desolante certezza che non accadrà mai niente. Le due attrici protagoniste sono bravissime: Hilary Swank riesce ad essere credibile creando un personaggio ambiguo e spesso disturbante nella sua affannosa ricerca di essere quello che non è,Chloe Sevigny dona fascino e dignità ad una ragazza disillusa e senza speranza. La regista contrappunta il tutto con una regia anche troppo misurata ma che sa raggiungere alti picchi di violenza , come nella scena dello stupro cruda e dura come raramente capita di vedere.
Un film bello, disturbante, ambiguo e che fa riflettere ,ancora di più per il fatto che si tratta di una storia vera, sulla pericolosità e la forza della rabbia che può esplodere in ognuno quando le condizioni di vita, le scelte sbagliate e i condizionamenti sociali impediscono il sorgere di una coscienza civile.
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