Non lasciatevi fuorviare dal tremendo sottotitolo italiano "Le superdotate" che farebbe pensare a un fondo raschiato di magazzino in abbandono: "Bitch Slap" non è malaccio ed è perfetto per le ragazze. Si tratta infatti dell’action più dichiaratamente lesbo che si sia visto su un grande schermo non festivaliero negli ultimi anni (arriva da noi comunque tardi, visto che ha già mezzo lustro). Tre bad girls avvenenti e poppute, un po’ conigliette di Playboy e un po’ modelle glam rifatte da passerella, giungono nel deserto del Nevada a caccia del malloppo sepolto, una cascata di diamanti rilucenti in mezzo a un vero e proprio arsenale militare. C’è la virago dominante Hel dai capelli rubino (Erin Cummings, curiosamente simile a Marcia Cross di "Desperate Housewives"), la lesbica butch Camèro, un vulcano incontrollato di aggressività e isterismo (America Olivo), e la finta ochetta Trixie (Julia Voth).
Ben presto si scopre che sono lesbiche anche le altre due bombe hot e il trio saffico viene minato da complicate relazioni interpersonali che ne pregiudicheranno l’affiatamento. I maschietti sono poco più di impacciate comparse e fanno una fine tremenda – c’è pure uno sceriffo bello ma tontarello (Ron Melendez) dal programmatico cognome: "Fuchs" – ma l’enigma supremo resta scoprire l’identità del grande capo Pinky che gestisce una pericolosissima organizzazione criminale.
Omaggio dichiarato al cinema di serie B della cosiddetta ‘exploitation’ anni ’70 e alle amazzoni maggiorate non vittimistiche caratterizzanti le opere di Russ Meyer (diceva di "fare solo film di tette"), è un pastiche ben confezionato, dall’estetica video-pubblicitaria, che frulla il pulp tarantiniano – dalle protagoniste di "Grindhouse" alla katana di "Kill Bill" – con scene al ralenti tipiche dei kung-fu e kickboxing movies, una spruzzata di spy story alla James Bond, musica sacra e hard rock, bislacche citazioni a nastro (Joseph Conrad, Cosimo de’ Medici, Sun Tzu).
E poi ancora altre sequenze stracolme di ammiccamenti sessuali da soft-core istituzionale: scollature vertiginose, magliette bagnate, dialoghi sexy ("Sono un grande fan del tuo culo"; "Se non vuoi batterti ti scopo"), una lolita orientale con yo-yo killer e due scene lesbo non voyeuriste. Un divertissement plastico che scorre piuttosto fluidamente e non annoia anche grazie a una serie di riusciti flashback fracassoni rivelatori degli antefatti. È diretto da un regista prevalentemente televisivo, Rick Jacobson, allievo di Roger Corman e al timone di cinque episodi del serial gay-oriented "Spartacus". Si può vedere.
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