Due film gay assolutamente antitetici sono usciti nelle sale venerdì scorso e, per motivi opposti, sono entrambi da vedere: il dramma realista ‘Monster‘ di Patty Jenkins e la commedia demenziale ‘Boat Trip‘ di Mort Nathan.
Ispirato alla vera storia della prostituta Aileen Wuornos, ‘Monster‘ racconta le vicende del primo serial killer femmina della storia americana, rea confessa di sette omicidi, condannata alla sedia elettrica dove morì il 9 ottobre 2002 dopo 12 anni di Braccio della Morte. Suo padre, descritto dalle cronache giudiziarie come “molestatore di bambini e sociopatico” morì suicida in prigione nel 1969, quando Aileen aveva solo tredici anni ed era già stata ripetutamente violentata da un amico di famiglia.
L’ex modella sudafricana Charlize Theron, mostruosamente brava nei panni della protagonista, ha vinto ogni genere possibile di premi: Oscar, Orso d’Argento, Independent Spirit Award, eccetera. La sua è una di quelle interpretazioni ‘totali’ alla De Niro, in cui l’identificazione è talmente vissuta, studiata, interiorizzata che lo spettatore non riesce a riconoscere sotto il fisico appesantito, le movenze sgraziate, la pelle punteggiata dalle finte lentiggini, la finezza e la bellezza elegantemente aristocratiche della Theron.
Il merito va anche al noto truccatore Toni G che le ha creato naturalistiche protesi dentarie, mascellari, sopraccigliari; le ha modificato lo sguardo con lenti a contatto invisibili, ha reso ancora più gonfio il corpo già ingrassato di una quindicina di chili. Ha solo trascurato le mani d’alabastro che conservano la loro perfezione e contrastano col resto del corpo soprattutto nei primi piani. Una maschera così avvolgente favorisce la recitazione solo se il trucco è sostanzialmente ineccepibile, come in questo caso.
«Gli Oscar sono fuori dalla tua possibilità di controllo, anche se guardando a quel che è successo tutti pensano ci sia un rapporto tra l’imbruttirsi e la statuetta» ha dichiarato la Theron, e non si può non ricordare l’Academy Award vinto dalla collega Nicole Kidman ‘trasformata’ anche lei con naso finto per sembrare una più credibile Virginia Woolf in ‘The Hours’. «Ma la verità è che se hai fatto un buon lavoro non ha importanza con quale corpo tu l’abbia fatto».
Il film approfondisce anche la relazione lesbica della Wuornos con Selby (Christina Ricci, insostituibile, ma molto diversa dalla vera Tyria Moore che all’epoca era ventiquattrenne), una ragazzina minuta che conobbe in un locale gay e dopo la diffidenza iniziale, iniziò a frequentare e ad amare. Selby viveva da una zia dove era stata spedita dai genitori “per curare la sua omosessualità” ma conosciuta Aileen scappò con lei vivendo prima in motel e poi in un appartamento fatiscente. Lo sguardo femminista della regista dà alla loro passione una forza pura e vitale, intaccata solo dalla nevrosi di Aileen e dai dubbi di Selby che nel finale la tradirà. Gli stessi omicidi della prostituta sembrano essere quasi giustificati da un desiderio di vendetta contro l’oppressione maschilista, e se il primo sembra una vera difesa da un tentativo di violenza, gli altri paiono invece la punizione inflitta a uomini fedifraghi, insensibili, crudeli.
Interamente costruito intorno al personaggio detonatore principale (esattamente come ‘Boys don’t cry’ che ricorda anche nello stile registico e nella fotografia livida), ha forse il difetto di non dare respiro ai personaggi secondari che sono poco più di apparizioni. Girato in Florida negli stessi luoghi degli omicidi della Wuornos, è stato coprodotto dalla stessa Charlize Theron, la vera anima di questo progetto indipendente.
Di tutt’altro genere la commedia gay ‘Boat Trip‘, una delle più trash, più volgari e più dichiaratamente demenziali degli ultimi anni. Immaginatevi un frullato tra i Vanzina, Neri Parenti e i Farrelly di ‘Scemo e più scemo’ in chiave gay: avrete un’idea di che cosa si tratta. Eppure questa volta, a sorpresa, ci si diverte davvero. Già il cast rende l’idea: Cuba Gooding Jr. (premio Oscar per Jerry Maguire!) è Jerry, un etero tonto che finisce insieme all’amico obeso Nick (Horatio Sanz) su una crociera per gay dopo essere stato abbandonato dalla fidanzata che riceve da lui una copiosa vomitata addosso quando gli rivela, a bordo di una mongolfiera, di amare il suo lucidamacchine. Solo dopo aver preso possesso della cabina il cui vicino è un appariscente travestito, i due capiscono dove sono finiti ma la nave sta in mare aperto per quattro giorni.
Jerry si finge gay per sedurre la fascinosa insegnante di ballo accettando di travestirsi per uno spettacolo musicale e Nick tenta di finire a letto con la procace svedese Inga (Victoria Silvstedt) che naufraga insieme alla Squadra di Abbronzatura Nazionale. Per un equivoco, però, “bussa alle mutande” del coach mascolino che si innamora di lui. Finisce poi ubriaco a letto con un bel pokerista gay e cade in crisi d’identità sessuale. A coronare il delirio, un redivivo Roger Moore (l’ex 007!) nei panni del capitano lord gay che in una riuscita autoparodia si identifica in “una regina” dopo essere stato trentacinque anni “a servizio della vera regina”. Gli omosessuali ospiti della crociera non potrebbero essere più stereotipati (il sadomaso con maschera intercambiabile in base all’occasione, il travestito simil Mrs. Doubtfire, le checche modaiole e discotecare) ma, come diceva Umberto Eco, “quando gli archetipi irrompono senza decenza si raggiungono profondità omeriche”.
Ebbene sì, se si accetta il gioco, si ride davvero a crepapelle e sono davvero sciocche le accuse di omofobia che le comunità gay americane hanno sollevato all’uscita del film. Momenti ultracult: la lezione di fellatio con tanto di banana sbucciata e schizzo dall’oblò, il banchetto con enormi membri trasparenti spillanti acqua, il Mating Game con domanda: “Qual è il posto più strano dove hai fatto l’amore?” “Dentro il corpo di una donna”, la crociera lesbica del finale dall’esplicito nome ‘Daughters of Sappho’ (Figlie di Saffo). L’umorismo ‘grossier’ arriva a livelli di trivialità e infantilismo davvero elevati ma se cercate un film scacciapensieri che comunque non annoia andate a vederlo. Un po’ ve ne vergognerete, ma uscirete soddisfatti.
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