Come da copione Farrellino non si è presentato. Alla conferenza stampa dell’emozionante ‘Una casa alla fine del mondo‘ del regista teatrale Michael Mayer alla sua opera prima c’era solo quest’ultimo, che ha ricordato «di essere stato un giovane omosessuale ai tempi della storia di Bobby, Jonathan e Clare. Ho avuto amici malati di Aids, ne ho visti morire parecchi».
Gli annunciamo che Colin per noi è Farrellino, consacrato con questo film ufficialmente icona gay dove è il passionale e tenero Bobby, uno scricciolo bruno bisex dagli occhioni imploranti amore che dopo aver trascorso l’infanzia a Cleveland insieme al suo inseparabile amico Jonathan lo ritrova a Manhattan nel 1980: Jonathan è legato a una scatenata donna punk e il trio affiatato deciderà di mettere su casa insieme per poi aprire un caffè. «Glielo dirò! Sicuramente apprezzerà molto la cosa e immagino che anche il suo ruolo in ‘Alexander’ contribuirà a farlo diventare un’icona per il mondo omosessuale».
Riguardo alle libertà concesse a Farrell nell’interpretazione del difficile ruolo di un ragazzo legatissimo sia a un uomo che a una donna e con cui va a vivere allevando persino un pargolo, Mayer ha ricordato che «si tratta di un ruolo molto diverso da quelli che ha fatto precedentemente. E’ un personaggio connesso a molte persone: volevo cercare di esprimere questo ‘link’. Quando ha girato questo film Colin aveva solo 26 anni.
Mi ha dato subito confidenza per fare un personaggio naif ma credibile. Non lo conoscevo personalmente: sono andato a trovarlo a Los Angeles e mi sono subito reso conto che andava bene per il ruolo. Mi è piaciuto in Tigerland e Minority Report ma non era ancora Bobby: beveva, aveva un accento irlandese molto forte, aveva in bocca solo la parola ‘fuck’ e le sigarette. Gli ho spiegato il ruolo: l’amore doveva essere l’unica cosa per lui. Abbiamo poi letto insieme la sceneggiatura, lui era molto partecipe, sapevo che avrebbe apportato tenerezza al ruolo».
Rispetto al celebre nudo integrale tagliato, vien da pensare che si tratti di una scena in cui Colin entra nudo nella stanza di Jonathan per infilarsi nel suo letto: il ‘cut’ all’altezza dei tonici addominali obliqui sembra evidente. Per quanto riguarda la splendida colonna sonora del film, ricca di molti successi dell’epoca, Mayer ha ricordato che «abbiamo scelto insieme quelle più simboliche che avrebbe ascoltato Bobby. Abbiamo fatto un elenco in cui abbiamo selezionato ‘Suzanne’ di Leonard Cohen, ‘Just like a woman’ e ‘I Shall Be Released’ di Bob Dylan, ‘Can’t Find My Way Home’ di Steve Winwood e molte altre.
Neil Young non ci ha dato il permesso di usare una canzone nella scena in cui i due ragazzi si masturbano reciprocamente in macchina e Joe Cocker voleva 500.000 $ per un suo pezzo».
Per quanto riguarda Sissy Spacek, che nel film interpreta il ruolo della protettiva madre di Jonathan che si affeziona a Bobby e grazie a lui scopre i piaceri della marijuana, «Sissy è un tesoro nazionale. C’erano tante attrici dell’età giusta ma lei mi sembrava la ‘mamma sogno’, quella ideale. Ha letto la sceneggiatura e ha detto sì: l’ho conosciuta il giorno prima di girare. Addirittura sul set voleva fare sempre altri ciak e non fermarsi».
Una casa alla fine del mondo è stato applaudito dal pubblico che è stato in religioso silenzio nelle due scene più intense in cui Colin bacia Dallas Roberts su una terrazza che dà sui tetti di Manhattan – l’iniziativa è di Farrellino – e poi balla con lui davanti alla nuova casa dell’amorevole terzetto.
Forse un po’ buonista e con un finale un po’ troncato che semplifica il complesso e lirico romanzo di Michael Cunningham (Premio Pulitzer per ‘Le ore‘) – si approfondiva soprattutto il rapporto tra i personaggi, gli oggetti e gli spazi in cui vivono – asciuga molto lo spessore narrativo dei protagonisti, ha una vena appassionata e libertaria (soffia un’aria anche un po’ ingenua di happy family tutta Love and Peace) e farà sicuramente presa su un pubblico molto giovane. Imperdibili le colorate mises di Robin Wright Penn che sfoggia look orientali, pettinature hard skin e fasciature leopardate da collezione. Più stereotipata l’interpretazione del Jonathan Dallas Roberts, biondo scheccante e intellettualoide un po’ nevrotico. Ottima la scelta di non calcare la mano sulla tematica Aids.
E il Bobby di Colin è un cucciolo adorabile di cui è facile innamorarsi (le scene di sesso sono equamente omo e etero ma molto caste). Splendido da bimbo con capello lungo e poi con taglio a spazzola, Farrellino è molto understated grazie a un’interpretazione che fa leva su semplici passioni adolescenziali con risvolti dark (i due guys passano le loro giornate al cimitero) che diventano poi un doppio amore di cui non si vuole dare nessuna spiegazione razionale o giustificazione intellettuale. E alla fine del film vien da gridare: vieni a trovarci a casa, sweet Farrellino. Dopotutto there’s no place like Homo.
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