«Se non fossi una femmina ti piacerei lo stesso?», «Credo di sì». È un esplicativo dialogo di un bizzarro horror svedese, Lasciami entrare di Tomas Alfredson, apprezzato al Torino Film Festival e in quieta ascesa al box office (è nono con quasi 250mila euro d’incasso, non male per un prodotto di nicchia).
Siamo nel 1982. A Blackeberg, sobborgo periferico di Stoccolma, vive il solitario dodicenne Oskar, delicato biondino vessato dai compagni di scuola e dalla problematica situazione famigliare, con genitori separati che praticamente non si parlano più. Quando conosce la nuova vicina di casa, Eli, una strana coetanea – ma lei dice «di avere dodici anni da molto tempo» – di poche parole e dal viso pallidamente smunto, si rende conto di aver trovato finalmente un’amica ma ben presto scopre trattarsi di una curiosa vampirella gender – un’inquadratura ci svela un sesso che potrebbe essere sia un apparato genitale maschile mutilato che una vagina orizzontale – bisognosa di sangue fresco procacciato dal padre "renfield" (ossia creatura schiavizzata dal vampiro) che impicca le sue vittime a testa in giù per sgozzarle e recuperare il prezioso liquido vitale con cui nutrire la figliola.
Davvero curioso questo insolito horror dal ritmo pacato e con un’insolita ambientazione nordica per nulla fiabesca (cupi edifici di cemento tutti uguali immersi in ovattate coltri nevose): le scene di violenza sono quasi tutte fuori campo – e per questo più terrificanti perché danno libero sfogo all’immaginazione – mentre quelle "visibili" colpiscono per efficacia e immediatezza (l’autocombustione della signora vampirizzata fa saltare sulla sedia).
Un vero apologo della diversità, tanto più incisivo per la giovanissima età dei protagonisti, in apparenza candidi e innocenti (sono davvero azzeccati sia l’angelico Kåre Hedebrant che la malinconica Lina Leandersson). È sicuramente un segno dei tempi, questa sorta di evoluzione in chiave gender di un cinegenere che sta riscoprendo un suo fiorire, una sorta di Twilight più autoriale e sofferto – ma già con l’androgino Robert Pattinson si stava andando in questa direzione – e dalle parti di quell’ambiguità sessuale che nel televisivo True Blood, in arrivo a marzo sul canale satellitare Fox, ha trovato compiutamente una propria via espressiva. Dopotutto, quale eroe fantastico può rendere al meglio il sentimento di solitudine, di alienazione e di smarrimento così comune tra gli adolescenti omosessuali?
Tratto dall’omonimo romanzo di John Ajvide Lindqvist, anche autore della sceneggiatura, ci spiega anche alcune "regole comportamentali" delle stirpi vampiresche: i succhiaplasma devono essere invitati a entrare in casa, sennò il loro corpo si ulcera automaticamente di ferite sanguinolente; alcuni di essi – come Eli, nello specifico – sono in grado di volare silenziosamente; sopportano senza difficoltà anche le temperature più rigide.
Chi si aspetta affastellamenti splatter senz’anima, tanto in voga nel cinema seriale hollywoodiano di serie C, oppure chi detesta l’horror psicologico, se ne stia alla larga. Per tutti gli altri Lasciami entrare è un piccolo gioiellino da vedere.
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