L’eccentrico Tim Burton ha colpito ancora: arriva venerdì nelle sale italiane il mirabolante ‘La fabbrica di cioccolato‘, remake in chiave gotica di un classico del 1971 con Gene Wilder firmato da Mel Stuart e dal titolo quasi analogo, ‘Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato‘.
Solo il suo animo dark avrebbe potuto evitare compiacenze zuccherose e melasse fiabesche nel raccontare del proprietario di una fabbrica di dolciumi che invita nel suo stabilimento un gruppo di ragazzini per sceglierne l’erede e trasformare l’omonimo best-seller di Roald Dahl in un’acida satira del consumismo con un’estetica pop dai colori squillanti assolutamente folgorante.
E soprattutto ridisegnare il protagonista Willy Wonka facendone un’irresistibile icona dandy molto metrosexual: capello a caschetto alla Principe Valiant, tuba svasata con fascia a quadretti, splendidi cappotti tutti ghirigori rossoneri (del premio Oscar Gabriella Pescucci), montature optical biancolatte da antologia del vintage.
A dar corpo a un alieno così tardo-aristocratico Burton non poteva scegliere attore più adatto del suo alter ego Johnny Depp, abilissimo nel rendere con sottigliezza le nevrosi del personaggio (a chi ha ventilato una possibile somiglianza con Michael Jackson il regista ha replicato: “niente affatto, Jackson ama i bambini, Wonka li odia!”) e in costante sospetto di omofilia tra strabuzzamenti degli occhi, risatine maliziose e regressioni all’infanzia da monellaccio criptogay.
Gli insopportabili bambini che trovano i ‘Golden Ticket’ nelle tavolette di cioccolato e hanno così accesso alla fabbrica misteriosa (un grassone tedesco, un videomaniaco americano, una ragazzina fanatica del fitness, una snob inglese) non potrebbero fare una fine più tremenda – la scena degli scoiattoli aprinoci è puro horror – e solo il tenero Charlie, che vive in una baracca pericolante insieme a tutta la sua indigente famiglia, ha diritto a proseguire l’avventura con nonno Joe.
Nel ruolo di mamma Bucket il regista ha scelto la sua compagna, la bravissima Helena Bonham Carter a cui ha affiancato il Noah Taylor di ‘Shine‘, perfetto nel ruolo del marito rassegnato alla ristrettezza economica.
Stracolmo di bislacche citazioni cinematografiche (il monolito di ‘2001 Odissea nello spazio‘ diventa un’agognata tavoletta di cioccolato e Depp si aiutocita tagliando il nastro inaugurale come Edward Mani di Forbice) è quanto di meno stucchevole e caramelloso si possa immaginare grazie a un irriverente spirito dissacratore che attraversa tutto il film: geniale l’invenzione degli Ooompa Looompa, i 165 nanetti di 30 centimetri che hanno sostituito gli operai dello stabilimento e improvvisano videoclip dance tra una scena e l’altra (in realtà interpretati tutti, femmine comprese, dallo stesso attore, il trentenne kenyota di origini indiane Deep Roy).
Eccezionale comparsata dell’indimenticato Christopher Lee nel ruolo (che nel libro non c’era) del crudele padre dentista di Willy Wonka che riconosce il figlio solo quando apre la bocca e lo obbliga a indossare un’orrendo aggeggio cronenberghiano a guisa di impalcatura metallica per aggiustargli i denti.
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