Il marchese Donatien Alphonse François De Sade sta vivendo un periodo di rigogliosa rinascita d’interesse cinematografico nei suoi confronti: dopo questo ‘Sade’ di Benoit Jacquot, che giunge in Italia dopo un anno dalla permanenza nelle sale transalpine (ma era comparso a Venezia in una sezione laterale), arriverà ‘Quills’ (penne d’oca), già in predicato per gli Oscar, analoga rivisitazione di vita e opere del rivoluzionario autore francese con i pluripremiati Jeoffrey Rush e la floridissima Kate Winslet. Già successe alla fine degli anni ’60, in cui ci fu un De Sade interpretato da Keir Dullea (il protagonista di ‘2001: Odissea nello Spazio’!) e addirittura una Justine nei cui stracciati panni faceva mostra di sé una giovanissima Romina Power.
Il biopic ‘madrelingua’ di fine millennio, invece, batte interamente bandiera francese ma potrebbe deludere molti spettatori accorsi dietro l’intrigante sottotitolo ‘seguite l’istinto’ del rosseggiante manifesto. Macchine sadiche? Orge? Nudità? Sesso carnale? Nulla di tutto ciò nel ‘Sade’ di Benoit Jacquot che innanzitutto tratta un breve periodo della vita del marchese d’origine provenzale De Sade, quando nel 1793, tre anni dopo essere stato scarcerato (in tutto passò in prigione circa un terzo della vita) e ormai oltre la soglia dei cinquant’anni, fu arrestato per moderatismo e relegato in una specie di clinica comunitaria del dottor Picpus vicino a Parigi dove si rifugiarono molti aristocratici. Era il periodo del Terrore, le teste volavano facilmente e lo stesso parco della clinica veniva utilizzato come fossa comune per i corpi decapitati. De Sade era ormai un ex-libertino con figlio a carico e amante in balia di un giacobino fedele a Robespierre che finirà sulla ghigliottina prima di poter decidere le sorti dello stesso marchese.
Nella villa fatiscente continua a scrivere (‘La filosofia nel boudoir’, ‘La nuova Justine’) e conosce tre giovani affascinanti: una vergine bionda e diafana – interpretata dall’emergente Isild Lebesco – che rimane intrigata dal marchese ed è desiderosa di essere iniziata al sesso, un giardiniere moro e dotato (il bellissimo Jalil Lespert, protagonista di ‘Risorse umane’), infine un biondo efebico che frequenta un vecchio protettore all’interno della clinica. Il film indugia sui dialoghi sapidi e colti dello scrittore, sulle sue idee filosofiche, sulle capacità provocatorie essenzialmente verbali: ‘Hai l’amatrice che prude’, ‘Tu mi inculerai a tempo debito’. Il libertinaggio sessuale è evocato dalla sua visione del mondo in cui è la natura a ordinare pensieri e azioni e il cervello ha lo stesso potere del membro. Ma solo una scena si concede alla rappresentazione degli accoppiamenti bisessuali, quando in un fienile De Sade fa sverginare la giovane dall’aitante giardiniere e si fa possedere da lui dopo essersi fatto frustare a sangue, coinvolgendo infine il giovane efebo nell’ammucchiata. Il marchese, interpretato con frenata passionalità e una certa malinconia di fondo da un bravo Daniel Auteuil, sembra rimpiangere gioventù passata e trascorsi libertini senza grandi ribellioni o volontà utopistiche.
I guizzi sensuali sono affidati a gesti minimi: sfiorare il sesso imponente del giardiniere accarezzandogli la patta, strizzargli un capezzolo, stringere in pugno la gonna della vergine.
L’assenza di concessioni voyeuristiche e una verbosità eccessiva danno una patina di tedio al film a tratti esangue ma comunque interessante: chi si aspetta una pellicola erotica che tratta il sadismo come lo si intende comunemente può rimanere molto deluso. Nel frattempo aspettiamo ‘Quills’.
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