TORINO – «Il sole non si può assassinare» recita tra le lacrime un giovane ‘pied noir’ alla fine di un’interessante cinebiografia apparsa al Togay nella retrospettiva sul cinema arabo.
Si tratta di ‘Le soleil assassiné‘ di Abdelkrim Bahloul e narra gli ultimi anni di vita di Jean Sénac (foto), poeta algerino dichiaratamente omosessuale che era solito firmare con un simbolico sole e che fu una figura di spicco a cavallo della guerra per l’indipendenza del suo paese.
Nato a Beni Saf vicino a Oran nel 1926 da mamma spagnola e papà sconosciuto (viene riconosciuto a cinque anni da Edmond Sénac), conosce ventenne Simone de Beauvoir e Emmanuel Roblès, entra nell’Associazione degli Scrittori Algerini e fonda il Circolo Artistico e Letterario ‘Lélian’. Scrive poesie su ‘Afrique’ e su ‘Consciences algériennes’ il celebre ‘Matinale de mon peuple’. Riesce a pubblicare altri versi per Gallimard con prefazione di René Char grazie ad Albert Camus di cui è amico fino alla sua trasferta in Francia, quando si schiera espressamente per gli indipendentisti. Per l’autore de ‘Lo straniero’ conserva però sempre «un profondo e drammatico affetto». Nel 1962 torna in Algeria e ne chiede la nazionalità.
Il film affronta il periodo di maggiore notorietà del poeta, quando è nominato consigliere del Ministro per l’Educazione Ben Bella, pubblica ‘La rosa e l’ortica‘ e gli viene affidata una trasmissione radiofonica (‘Le poète dans la citè’) in cui legge poesie sue e di altri autori, noti e meno noti. Due giovani studenti, Hamid e Belkacem (Medhi Dehbi e Ouassini Embarek) presentano una pièce al primo Festival Nazionale del Teatro Algerino ma vengono squalificati perché è rappresentata in francese e non in arabo, lingua ufficiale del paese. Ma Jean Sénac è presente in sala, fa loro i complimenti e ne diventa intimo amico. Dopo il colpo di stato del 1965 cade in disgrazia, viene cacciato dalla sua abitazione e costretto a vivere in uno scantinato. Fa pubblicare nel 1971 una ‘Anthologie de la nouvelle poésie algerienne’ per lanciare i nuovi autori del suo paese. Nel 1972 la sua trasmissione radiofonica bisettimanale ‘Poésie sur tous les fronts’ viene sospesa e Sénac pubblica la sua ultima opera ‘Les Désordres’ (‘I disordini’) con lo pseudonimo di Yahia El-Ouahrani. Viene assassinato l’anno successivo, in circostanze mai chiarite.
L’opera di Bahloul (foto sotto), stilisticamente molto tradizionale, è assai pudica nel parlare dell’omosessualità del poeta: Sénac, interpretato da un intenso Charles Berling (‘Un affare di gusto’, ‘Stardom’) non si vede mai con un uomo, gli incontri sessuali sono solo accennati o intuiti, la stessa amicizia con i giovani algerini è sempre platonica. Lo stesso omicidio si riduce all’inquadratura del poeta che scivola sanguinante contro un muro, e si può solo immaginare che sia avvenuto in un luogo di incontri gay. Il ragazzo a cui aveva affidato un suo manoscritto viene accusato ingiustamente dell’omicidio ma viene scagionato dalla testimonianza della ragazza di cui è innamorato e che gli fornisce l’alibi avendolo incontrato all’ora del delitto.
L’atmosfera di gran fermento culturale, controllato e oppresso dalle istituzioni, è resa bene negli appassionati incontri clandestini degli intellettuali, nella passione dei giovani che andavano in giro con la radio portatile per non perdere la trasmissione del loro autore di culto, nel desiderio di fare teatro in chiese sconsacrate contro il permesso dell’autorità. Prima di essere ucciso Sènac scrisse: «Vedrete, ragazzi, che la mia morte è ottimista».
‘Il sole assassinato‘, che era passato anche a Venezia nella sezione ‘Controcorrente’, non ha ancora trovato una distribuzione italiana. Ne sarebbe degno.
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