UNO SGUARDO ALL’AMORE

"La Finestra di Fronte" di Ozpetek è da oggi nelle sale. La bravissima Giovanna Mezzogiorno e il fascinoso Filippo Nigro si raccontano su Gay.it: i rapporti con l'omosessualità, l'atmosfera sul set...

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Uno sguardo intenso che sa scavare nel profondo, con quei due occhi chiarissimi che parlano da soli. Uno sguardo che li lega ancor più del rapporto di marito e moglie che hanno ne ‘La finestra di fronte’, il nuovo imperdibile film di Ferzan Ozpetek (il celebrato regista italoturco de ‘Le fate ignoranti’) in uscita nelle sale oggi in tutta Italia.

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E la loro bellezza tenera e dolce, Giovanna Mezzogiorno e Filippo Nigro, l’hanno saputa coniugare con una bravura che è pura maestria, a guardare le splendide interpretazioni piene di calibrati sottotoni della coppia sposata con figli che si ritrova a una svolta della propria esistenza, complici il vicino del palazzo di fronte e un anziano smemorato incontrato per strada. Lei è già una celebrità (e di solida formazione, ‘allevata’ da un regista di razza come Peter Brook) grazie a film come ‘L’ultimo bacio‘ di Muccino e ‘Il viaggio della sposa‘ di Rubini. Lui è un emergente e il grande pubblico l’ha conosciuto ne ‘Le fate ignoranti‘ (era Riccardo, il gay borghese fidanzatissimo) ma ha già fatto molta tv e teatro.
Gay.it li ha incontrati in occasione della prima de ‘La finestra di fronte‘.
Nel film, la vita di Giovanna viene sconvolta dall’incontro con un uomo, Davide, il personaggio interpretato da Massimo Girotti, che ha alle sue spalle una storia di amore omosessuale non vissuta. Quanto lo stile di vita gay costituisce un modello alternativo importante per il tuo personaggio e nel film?

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Giovanna Mezzogiorno – Bisogna sottolineare che la storia di Davide, della sua conoscenza e della sua passione che non ha vissuto, avviene il 16 ottobre del 1943, una data importante, nel ghetto ebreo. Quindi l’esperienza di Davide è forte, e la vita di Giovanna cambia con questo incontro, al di là della sua storia sessuale. In questo film la storia di Davide è stata vissuta in maniera segreta, anche perché tutto questo avveniva nel ’43 all’interno della comunità ebraica, quindi in un contesto ancora più problematico di quello che potrebbe essere oggi. E quindi la rinuncia, il dover tenere segreta una passione ha segnato profondamente la vita di Davide, e lui porta questa sua storia a lei come a dire “non rinunciare a quello che vuoi, a quello cui aspiri, quello che per cui sogni”.
Bello..
G. M.: Bello, sì: devo dire che la parte che riguarda la storia di Massimo è straziante.
Passiamo all’attualità: so che siete stati alla marcia della Pace di Roma, con Ferzan e buona parte del cast. Tutti impegnati per i diritti civili, dunque…

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G. M.: Beh, sì, io le manifestazioni ultimamente me le faccio tutte, quando posso. Ma è una cosa davanti alla quale non si può rimanere fuori o indifferenti.
Ti è capitato di partecipare anche al Gay Pride?
G. M.: Quando c’è stato il Gay Pride a Roma non ero in Italia, però mi è capitato di partecipare a quello di Parigi, che è stato molto bello e importante. Riguardo alle polemiche che ci sono state sul Gay Pride a Roma, io trovo che sia stato particolarmente simbolico e importante che fosse nell’anno del Giubileo. Comunque in Italia siamo ancora abbastanza indietro: non voglio passare per l’esterofila, ma io ho vissuto otto anni a Parigi, e devo dire che lì è diverso. Rispetto a una città come Roma non c’è paragone: trovo che in Italia si abbia ancora un rapporto faticoso con l’omosessualità. Lo vedo perché ho tanti amici omosessuali, al di là anche di Ferzan. Gli omosessuali restano tra di loro, e spesso evitano di dirlo al lavoro, tutte cose che in Francia non ho mai visto.
Hai un contatto molto stretto con la comunità gay…
G. M.: Sì, mi è capitato di avere amici omosessuali, anche perché erano amici dei miei genitori. Fin da quand’ero piccola, capitava che venissero a trovarci coppie storiche di omosessuali, persone che stavano insieme da vent’anni…
Raccontaci un po’ l’atmosfera sul set, dove c’erano alcuni personaggi mitici della comunità gay, Ferzan innanzitutto e poi Raoul Bova…
G. M.: Sì, immagino che Raoul si aparticolarmente apprezzato… Il film è stato importantissimo per tutti noi. Penso che per Ferzan sia un salto di maturità molto forte, anche più delle Fate. Io e Raoul avevamo tutti e due la sensazione di avere per le mani un’occasione grossa, e quindi di non potercela fare scappare. C’è stato da parte nostra molto impegno e ci siamo anche molto spalleggiati, anche con Filippo, per riuscire a fare bene. C’era questa grossa sensazione che fosse qualcosa di importante e di non voler mai sbagliare. Purtroppo questo film è stato funestato dalla vicenda di Massimo Girotti che è stato male durante le riprese e poi è morto dopo il film. Il fatto che durante le riprese abbia passato dieci giorni in ospedale ci ha messo molto alla prova.
Prossimi progetti?
G. M.: Purtroppo, non prossimi film sicuri da fare. Ma va bene così perché ho delle uscite da curare: c’è questa e poi il 28 marzo esce il film su Ilaria Alpi, distribuito da Istituto Luce. Sono due film molto diversi a cui tengo comunque molto.

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^SFilippo Nigro^s, in “La Finestra di Fronte” interpreta il marito di Giovanna. I due sono una giovane coppia, di estrazione non borghese: lei lavora in una polleria e lui scarica i tir di notte. Tra Filippo e Giovanna non c’è una forte comunicazione verbale, il loro rapporto è soprattutto fisico, ma lei ha bisogno di parlare, e per questo alla fine proverà a farlo con il dirimpettaio Lorenzo, il personaggio interpretato da Raoul Bova.
Filippo, tu sei alla seconda esperienza con Ferzan, dopo le Fate Ignoranti..
Filippo Nigro: Sì, ricordo che stavo facendo un film con la televisione a Pisa quando seppi del casting per le Fate Ignoranti. Sapevo che i ruoli erano già stati presi, e alla fine c’era questo personaggio di Riccardo che con Luciano formava la coppia gay amica di Stefano. Mi offrirono questo ruolo e io lo feci, anche se era piccolo, e sono stato contento perché mi sono trovato benissimo. Così è successo che due anni dopo mi trovo a interpretare questo personaggio molto bello.
Come è stata l’atmosfera sul set della Finestra di Fronte?

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F. N.: Nonostante il velo di tristezza e preoccupazione dovuto alle condizioni di Massimo, l’atmosfera era bella. Sul set di Ferzan c’è sempre una bella atmosfera di comunicazione e ci si sentiva a proprio agio, una sensazione che si stabilisce prima di cominciare a fare il film, quando leggi il copione e provi. Lui fa molte prove, al contrario di altri; ci si vede, si legge la sceneggiatura varie volte e quando arrivi sul set sai già cosa devi fare.
Lavorare con Ferzan ti ha aiutato ad avvicinarti alla realtà omosessuale?
F. N.: Forse senza rendermene conto ho assorbito delle altre cose, però era una tematica per me abbastanza nota. Mio padre aveva 14 fratelli, in famiglia c’è uno zio che fa il pittore, un altro che scrive; la tematica omosessuale apparteniene abbastanza a una parte della famiglia.
Sai che sei molto ammirato dal pubblico gay. Che impressione ti fa?
F. N.: Fa sempre piacere. Anche perché in genere nella comunità gay c’è un gran buon gusto… E’ un po’ una garanzia. Se penso a molti altri fenomeni, potrei vederlo come un buon segno, se volessi essere ottimista.
Ti è mai successo dopo le Fate Ignoranti di ricevere apprezzamenti da parte di ragazzi?

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F. N.: Sì, mi ricordo di una volta che ero in moto col casco e un ragazzo mi ha riconosciuto per strada e mi ha fermato per farmi i complimenti. Si sa che le Fate Ignoranti è stato un film di culto per molti… Comunque, sì, mi è successo spesso di essere avvicinato e di essere riconosciuto come personaggio del film.
Anche tu hai partecipato alla marcia della Pace; ti è mai capitato di partecipare a un Gay Pride?
F. N.: Se ti ricordi, nelle Fate Ignoranti, c’è la scena finale, che poi è stata girata all’inizio, che si svolge nel Gay Pride di Roma. E’ stato il primo giorno di riprese; ci siamo buttati nella folla e ci siamo fatti riprendere.
Che impressione ti ha fatto?
F. N.: Prima di tutto non mi aspettavo una folla da manifestazione, così viva e piena. Un’altra cosa che mi ha colpito è che, sì, era la manifestazione del Gay Pride, ma era assolutamente eterogenea, c’erano famiglie, bambini, ragazzini. C’era un po’ di tutto.
Tu hai lavorato anche ne ‘La dottoressa Giò’, il telefilm con Barbara D’Urso, ce ne parli?
F. N.: Sì, ero Paolo e facevo l’assistente nel reparto di pediatria. Un’esperienza bellissima. Abbiamo anche girato nell’ospedale San Raffaele, tra bambini e dottori veri.
…E prossimamente?
F. N.: C’è un progetto cinematografico ma per scaramanzia non ne parlo. Vedremo.

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di R. Schinardi e G.M. Corbelli

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