"Settembre 1996-settembre 2001: cinque gayissimi anni di buone letture": si autocelebra così, con questo slogan, la casa editrice Zoe in occasione del primo significativo anniversario della sua attività. E per una casa editrice italiana di narrativa gay che si era posta come obiettivo iniziale sopravvivere ai primi sei mesi (per la serie: o la va o la spacca), cinque anni devo sembrare un’enormità.
Ma c’è anche un po’ di predestinazione visto che il nome "Zoe" è stato sì scelto pensando al celebre personaggio dei fumetti degli anni ’70 (la bimbetta tutto pepe in mezzo ai tanti maschietti coetanei) ma significa anche "vita senza fine" in greco antico. "E’ stata una bella scoperta anche per noi – ci dice Alessandra Bonato, una dei tre soci fondatori della Zoe – e lo consideriamo di buon auspicio per i successi della casa editrice".
Gli influssi del destino, se ce ne sono, si limitano comunque al significato del nome visto che per tutto il resto i cinque anni sono stati anni di scelte precise, fatica, capacità imprenditoriale e non poco coraggio anche perché stiamo parlando di una casa editrice che ha sede non nella metropoli milanese o romana (come il 90% delle case editrici) ma nella romagnolissima e provincialotta Forlì.
Ce lo racconta meglio Alessandra.
"Io sono nata a Forlì ma ho vissuto per molti anni a Londra come consulente aziendale. Un bel giorno mi è scattata la molla e ho deciso di lasciare tutto, tornare a Forlì e inventarmi con altri due soci una casa editrice gay".
Una bella molla, complimenti. Ma perché solo gay?
Vivendo a Londra ho avuto modo di capire come funzionavano certe cose; in particolare nelle librerie vedevo che l’editoria gay aveva un suo spazio ben definito e sempre maggiore. Mi sono detta: perché no anche in Italia dove non esisteva nulla di simile? Tornata a casa, io e altre due persone abbiamo creato la società: per limitare al massimo i costi ho pensato bene di piantare la sede negli spazi sotto casa dei miei, dove tuttora abbiamo gli uffici.
Come sono stati gli inizi?
L’idea è stata questa: diamoci tempo sei mesi per capire se la cosa può funzionare e, per ingranare col piede giusto, ci siamo affidati a due autori stranieri già affermati all’estero e comunque conosciuti anche in Italia, ma mai o poco tradotti: Edmund White e Jane Rule. Del primo abbiamo pubblicato "Stati del desiderio" e della seconda "Cuori nel deserto" da cui era stato tratto un film così famoso che devo ancora incontrare una lesbica, dalla più alla meno giovane, che non l’abbia visto. Ci è andata bene: i risultati sono stati molto incoraggianti.
Così incoraggianti che… ci avete preso gusto…
Siamo andati avanti, privilegiando sempre gli autori stranieri e stando attenti, magari, ad approfittare di particolari occasioni come successo per esempio con "Mio caro ragazzo" di Oscar Wilde nel centenario della sua morte o con "Demoni e dei" di Bram Christopher quasi in contemporanea con l’uscita del film. Qui vale anche l’esperienza maturata come consulente aziendale che mi aiuta a praticare delle strategie di marketing. E ora dopo cinque anni e 23 libri pubblicati stiamo procedendo al ritmo di una novità al mese.
E in questi numeri, le caratteristiche più evidenti sono gli autori stranieri e la netta prevalenza di storie gay al maschile.
Sì e no. Gli autori italiani, col tempo, stanno in realtà equiparandosi a quelli stranieri. Da quando siamo riusciti ad emergere stiamo ricevendo tantissimo materiale da autori italiani, sul quale facciamo ovviamente una selezione; ma emergono spesso materiali buoni sui quali crediamo, e lo dimostra il fatto che le prossime uscite da qui a novembre riguardano tre italiani, tra cui uno nientemeno è un giallo ambientato a Bologna con tanto di serial killer. E’ verissimo e lo sarà ancora, invece, lo scarso numero di libri gay al femminile. Non so darne una ragione precisa ma io per prima trovo poco materiale e spesso piuttosto scadente. Inoltre, la narrativa gay maschile è molto più varia, piena di situazioni con cui è possibile riconoscersi; quella femminile la trovo ancora legata all’autoanalisi, all’eterno confronto con se stesse e poco col mondo esterno.
Nell’acqua, tantissima, passata sotto i ponti in questi primi vostri cinque anni, c’è stata in Italia anche la fioritura di case editrici gay e di libri, narrativa o saggi, a tematica omosessuale pubblicati da grosse case editrici. Vi è venuto il fumo negli occhi per questo oppure… ?
Assolutamente no, anzi… Non può che farci piacere che ci sia una maggiore possibilità di scelta in questa che rimane pur sempre una "nicchia". Non temiamo affatto le grosse case editrici, sono tutt’altra cosa da noi ma nemmeno ci danno fastidio le altre case editrici gay (quattro con noi) visto che ognuna si identifica con proprie scelte editoriali. Noi proseguiamo per la nostra strada e il mutare dei tempi ci piace osservarlo anche dall’accoglienza che ricevono i nostri libri in zone che all’inizio ci negavano la distribuzione, come ad esempio nel Veneto da dove adesso riceviamo parecchie richieste di rifornimento sia da privati, via spedizione postale, che dalle librerie stesse.
La vostra visibilità vi sta quindi portando ad essere un punto di riferimento per chi scrive o ha un romanzo nel cassetto.
Non abbiamo queste pretese, certo è che stiamo effettivamente ricevendo molto materiale.
E chi volesse seguire questa strada non deve altro che prendere contatti via email edizoe@hotmail.com oppure al tel. 0543 473235.
di Ivano Barocci
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