Alessanro Fullin e Stefano Chiara hanno sfornato il primo “vero” ricettario gay italiano: “Pomodori sull’orlo di una crisi di nervi – La vera cucina gay italiana” (Cairo Editore).
L’incontro ai fornelli tra i due (il primo ci ha regalato l’intramontabile professoressa di tuscolano a Zelig ed è autore teatrale e comico televisivo mentre il secondo è esperto di padelle e marketing) è stato l’occasione per scodellare una serie di manicaretti “diversi” tra “Coscette di pollo alla Kessler”, “Dieta Garbo”, “Banana Soraya” e “Invidia di piselli”…
E’ una cucina, quella vera e gay, carica di sapori e odori, che sbuccia e cuoce a puntino le icone gay, passa al pestello pregiudizi, sbollenta “doppi senso”, “shechera” eleganza e buongusto per liberare appetiti mai “contro natura”. E’ tra gli ingredienti sono evidentemente abbondanti (ma non appesantiscono) le dosi di camp, le spruzzatine di surrealismo e le farciture di doppi sensi e tanta voglia di divertirsi ai fornelli… e non solo.
“Pomodori sull’orlo di una crisi di nervi” è il libro giusto per sorprendere con elaborate ghiottonerie arcobaleno i palati gay (e non) più fini tra amici, complici e amanti.
Ma soddisferà di certo anche mamme e papà “reduci” da un coming out magari proprio a tavola di fronte a un gustoso “Tacchino in foulard”. C’è posto anche per i figlioli delle coppie gay ghiotti di “Brodo di lenticchie alla Rottenmeier”… non la solita minestrina.
Insomma Fullin e Chiara hanno finalmente dato corpo e gusto alla cucina gay per tutti. E prima di armarci di grembiule e mattarello scambiamo due parole con Alessandro Fullin.
Dopo l’uscita del libro sei considerato il cuoco gay più famoso al mondo. Come hai incominciato?
Girando la manopola del microonde: mummifico delle trote salmonate. Un inizio direi quasi drammatico.
Dici la verità, quanta invidia c’è in te per le cucine di Clerici, Parodi o Suor Germana?
Di una suora non invidio mai le sue capacità in cucina. Invidio dell’altro…
Comunque loro non si dedicano alla vera cucina gay. Perché vera?
Perché mi divertiva l’idea che ci potesse porre all’opposto di una “falsa” cucina gay. E’ il mio gusto per il paradosso.
Anni fa ero ad un compleanno di un amico non visibile: tutti omosex e una amica lesbica per salvare le apparenze. La madre del festeggiato esordisce con una enorme teglia di finocchi gratinati. Possiamo parlare di cibo come messaggio?
Le madri oggi sono cambiate. Il loro entusiasmo di avere un figlio gay sfiora oramai l’euforia. E’ terribile constatare che il carro più entusiasta al gay pride è proprio quello dei genitori: dovrebbero tentare di darsi un contegno.
Una domanda seria allo chef: quanto è importante il rispetto delle regole base in cucina e quanto invece la creatività e la sperimentazione?
La parte delle ricette vere e proprie l’ha scritta Stefano Chiara. Io mi limito a sedermi alla sua tavola e approvare. Però mi siedo in modo molto creativo.
Cosa cucinare gay, riprendendo dal tuo libro, al proprio marito escludendo evidentemente la solita minestra?
C’è un’intera sezione del libro dedicato a questo. Ecco i titoli delle specialità: “Travestita di kiwi”, “Curry Grant”, “Arancia Lear”, “Tiramigiù (…i calzini?)”.
E all’amante per una cena piccante?
In “Sex and the city” Samantha si faceva trovare nuda cosparsa di sushi. Io consiglio di restare vestiti con un toast tiepido sulla pancia.
E se proprio ai fornelli siamo negati, oltre a seguire i vostri consigli, che fare?
Non conosco gay negati ai fornelli. L’unico sono io. E’ per questo che ho scritto il libro: per imparare qualcosa.
di Stefano Bolognini
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