Il nome di Mauro Moriconi, artista lucchese trentunenne, è balzato agli onori delle cronache locali a luglio, quando il suo provocatorio video "Adam & Eve", con una procace Eva nature impersonata da una modella trans, proiettato nel sagrato della chiesa della Madonna del Giglio di Prato, ha suscitato scandalo e le ire dei religiosi.
A gennaio la prestigiosa galleria CATMChelsea di New York gli dedicherà una mostra personale incentrata sui suoi lavori d’ispirazione giapponese. La sua tecnica preferita è l’incisione, arte di pregio che in Italia vanta maestri riconosciuti quali Vincenzo Gatti e Roberto Stelluti. Cerchiamo di approfondire la ricerca espressiva di Mauro Moriconi parlandone direttamente con lui.
Ti definisci un incisore. Come mai prediligi questa tecnica artistica? Ciò che mi interessa più di tutto nel mio lavoro è l’azione dell’incidere. È la parte più istintiva e manuale.
Uno dei tuoi artisti feticcio è Mimmo Rotella. Che cosa ti affascina di questo maestro?Mimmo Rotella per me è stato un maestro. Ho avuto modo di conoscerlo e di frequentarlo quando ho scritto la mia tesi di laurea, la prima in assoluto su di lui e la sua opera. Il suo lavoro mi ha sempre affascinato: era per me sorprendente come una tecnica così semplice qual è il décollage potesse trasmettere tante emozioni. All’inizio della mia carriera mi sono ispirato molto a lui, ma con il passare del tempo mi sono reso conto che avevo altre necessità artistiche ed espressive e in modo molto naturale mi sono staccato dalla sua scia per creare qualcosa di più personale.
Il tuo materiale preferito è l’alluminio. Perché?Utilizzo per i miei lavori una lastra di alluminio spazzolato. Mi piacciono molto il suo colore e il riflesso che crea. Mi permette di stampare la foto e inciderla con la mia tecnica.
Il tuo video "Adam & Eve" con una modella transessuale ha fatto scandalo. Mi spieghi che cosa è successo?La mostra di luglio aveva due tematiche collegate tra di loro da un filo conduttore: la non realtà. Infatti erano esposte la serie "Die Mauer" con i soggetti ritratti sotto cellofan, e la serie "Adam&Eve", alla cui realizzazione si è ispirato il video proiettato. Siccome lo spazio all’interno della galleria non consentiva la proiezione, è stato scelto di proiettare il filmato all’interno del sagrato della chiesa che si trova accanto alla galleria. L’inaugurazione della mostra coincideva con l’apertura del centro storico di Prato, e la gente, attratta dalla musica scritta appositamente come colonna sonora del video, si fermava a guardarlo. Il fatto che Eva fosse una transessuale era evidente solo alla fine delle proiezione, quando appariva in versione integrale la foto dell’opera che era all’interno dello spazio. Credo che le persone si siano sentite prese in giro, prima attratte dalla bellezza di Eva, poi scandalizzate dalla vista del membro. Il passaparola è stato velocissimo e le persone si sono moltiplicate in pochissimo tempo. La notizia è finita poi sui media che hanno addirittura contattato il sacerdote della chiesa, il quale al momento non si trovava a Prato.
Le tue opere provocatorie reinterpretano spesso in chiave queer classici dell’iconografia cattolica. Qual è il messaggio?Il mio interesse è rivolto a temi vari, come il paesaggio urbano, la natura, le diverse facce e stati d’animo dell’essere umano. In un senso più ampio, mi concentro sui contrasti, legati soprattutto al bene e al male, al passato e al presente, a tradizione e modernità. Le figure umane, spesso trasfigurate e collocate in contesti in cui la natura è stata manipolata con l’introduzione di industrie, case, monumenti, solleva sempre la questione della funzione dell’uomo nel mondo, della sua forza creativa, ma anche del suo potere distruttivo. I contrasti sono pertanto provocazione e fungono da stimolo per un costante interrogarsi sulla nostra realtà futura.
Non c’è il rischio che la provocazione prevarichi sul contenuto, come nel caso della campagna UnHate di Benetton? Che ne pensi?Credo che la campagna pubblicitaria Benetton sia ben studiata. Tecnicamente molto bella, il suo significato è volutamente scandalistico per promuovere il marchio. Credo che in certi casi, come nel mio, la provocazione vada di pari passo con il contenuto.
Hai riletto in chiave postindustriale "Le déjeuner sur l’herbe" di Manet con una modella transessuale. Come è nato questo progetto?Il suo nome è Valentina Mancini: una grande professionista, attrice e modella milanese. Lei per me è una musa ispiratrice, un po’ come è stata Amanda Lepore per Lachapelle. Il progetto è nato per fare riflettere sul futuro dell’umanità, su quello che ci potrebbe succedere se l’uomo continuasse con questo tipo di “progresso”: una transessuale che partorisce un bambolotto di plastica? Forse.
Il tema della transessualità è presente in altre tue opere?Sono una decina le opere già realizzate, senza contare quelle in fase di completamento, che si ispirano a questa realtà.
Hai vinto il Premio Celeste nella sezione Fotografia & Grafica Digitale. Che significato ha per te? Il Premio Celeste l’ho già vinto in verità altre volte. La prima mi sono classificato secondo con l’opera ‘Raggio’ che ritrae la modella Valentina, con indosso un abito di pluriball, nella sala Leone X della Villa Medicea di Poggio a Caiano, in provincia di Prato. Quest’anno sono arrivato primo con l’opera ‘Le déjeuner sur l’herbe’. Spero che queste vittorie possano farmi conoscere ad un pubblico ancora più vasto.
Il 12 gennaio 2012 si inaugura a New York una tua personale. Come pensi verrà accolto il tuo lavoro dal pubblico americano?Credo che le mie opere verranno accolte favorevolmente: il lavoro è molto pulito e ben progettato. Ma per risponderti bisogna aspettare, credo, la sera del 12 gennaio…
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