Pochi giorni fa su Donna Moderna è uscita un’interessante graphic novel sul “gender” del cervello, che risulterebbe essere unisex, smentendo l’idea secondo la quale il cervello degli uomini è biologicamente diverso da quello delle donne, o viceversa.
L’articolo, strutturato sotto forma di fumetto o graphic novel (che dir si voglia), è opera di Claudia Flandoli, illustratrice e fumettista di Urbino, con una formazione trasversale tra illustrazione, grafica e biologia. Una delle molte scienziate-artiste del nostro tempo. Non è un caso, infatti, che l’ultimo fumetto di Claudia parli proprio di studi scientifici fatti sul cervello umano: il fumetto illustra alcuni risultati di studi svolti sulle differenze strutturali tra il cervello degli uomini e quello delle donne. Esempio? Che cosa sta dietro la decisione, presa da un uomo e da una donna, di andare ad un evento come il Family Day ?
Uno studio illustrato nella novel, condotto da Daphna Joel e collaboratori vari, spiegherebbe il cervello come un “mosaico” di differenze, non tutte direttamente assimilabili al sesso biologico. Qui sono state analizzate le diverse parti del cervello di 1400 persone, ognuna delle quali sembrerebbe avere un ventaglio di caratteristiche, alcune più comuni nei maschi e altre nelle femmine, ma nessuna esclusiva dell’uno o dell’altro sesso.
Il team di Daphna Joel ha dimostrato come ognuna di queste parti sia indipendente dalle altre e come, perciò, sia impossibile collocare ciascuna persona nel suo complesso in un punto di una linea immaginaria tra “maschile” e il “femminile”, se non prendendo in esame una caratteristica per volta. Il fumetto di Claudia Flandoli ben si collega all’idea generatrice di #educarealledifferenze, un progetto lanciato a Roma nel settembre 2014 dalle associazioni Scosse, Stonewall e Il Progetto Alice e da altre più di 200 realtà di tutto il territorio nazionale e proseguito con un secondo incontro nel settembre scorso.
Educare alle differenze è un’iniziativa indipendente e autofinanziata che ha lo scopo di sostenere una scuola pubblica, laica e democratica che accolga interventi educativi finalizzati a dare alle nuove generazioni gli “strumenti” per costruire una società plurale e aperta. Una società che includa e valorizzi tutte le differenze, anziché escluderle e/o discriminarle.
Il progetto ha avuto per ora un grande successo, maha incontrato anche tanti ostacoli da parte di chi, nelle scuole pubbliche, sostiene la “famiglia tradizionale“. Ma questo non ha indebolito chi lo porta avanti, anzi. Da ogni regione, infatti, sempre più persone hanno preso parte agli incontri a Roma, e aderito sul proprio territorio, mostrando il bisogno comune di costruire una rete di sinergie e connessioni tra chi realizza progetti dedicati all’identità di genere e ai diversi modelli familiari, chi lavora sulla valorizzazione delle differenze e chi sulla prevenzione delle violenze legate a genere e orientamento sessuale.
Il breve video qui sotto spiega in un minuto e mezzo una delle spiacevoli conseguenze di un’educazione orientata al binarismo di genere, che distingue l’uomo dalla donna sin dalla più tenera infanzia.
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