La rivoluzione delle registe donne nel mondo della pornografia

"L’industria del porno è al 100 per cento più avanti rispetto a qualsiasi altro settore, quando si parla di donne al potere".

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3 min. di lettura

Ogni anno, nel mese di gennaio, si tengono a Las Vegas gli AVN Awards, i premi cinematografici sponsorizzati dalla rivista Adult Video News che premiano varie categorie dell’industria cinematografica per adulti. Nonostante molto spesso venga considerata altamente sessista e accusata di mercificare il corpo femminile, stereotipandone i caratteri, nel 2016, tra i 15 candidati al premio come miglior regista, c’erano ben 5 donne.

Un numero altissimo se si considera che l’ultima regista ad aver vinto l’Oscar (quello per il cinema, s’intende) sia stata Kathryn Bigelow nel 2010, e da allora non siano più nemmeno seguite candidature.

Il Guardian – ripreso anche da IlPost – ha condotto un’inchiesta su questo fenomeno curioso, intervistando le principali figure della scena e ripercorrendo la storia della pornografia al femminile.

Il primo elemento che salta all’occhio è la raffinatissima preparazione di alcuni di questi personaggi. Se infatti nell’immaginario comune il mondo del porno è legato alla trivialità e ai bassi fondi della cultura, può stupire che una delle più celebri registe, Tasha Reign, sia laureata in gender studies alla UCLA di Los Angeles.

Proprio la Reign ha messo in luce un aspetto fortemente contraddittorio del ruolo della donna rispetto alla carriera pornografica: «L’industria del porno è al 100 per cento più avanti rispetto a qualsiasi altro settore, quando si parla di donne al potere. Ovviamente ci sono eccezioni alla regola, ma ci sono così tante donne che hanno il controllo creativo sul proprio destino nel porno, che si tratti di recitare o di possedere un proprio sito. Questo potere però viene tolto loro dal modo in cui le tratta la società. È una situazione molto complessa».

Molte di loro, terminata la propria esperienza come attrici, faticano a proporsi in altri ambienti lavorativi, ostracizzate dal pregiudizio che le condanna a una vita da segnate. Alcune riescono però a diventare registe in virtù del riconoscimento d’importanza che viene loro concesso all’interno dell’ambiente.

Una delle prime ad aver tentato questa carriera fu Candida Royalle, che dopo il successo ottenuto “sul campo” negli Anni 70, riuscì a replicarlo anche come regista, portando avanti battaglie fondamentali per i diritti delle donne. Royalle fu la prima a percepire una curiosità sempre maggiore verso il mondo del porno da parte dell’universo femminile, interesse che si scontrava però con produzioni fortemente orientate al gusto e alla prospettiva degli uomini. Nel 1984 decise quindi di fondare la Femme Production, prima casa di produzione di film porno per un pubblico di sole donne.

I primi tempi dovette scontrarsi con enormi pregiudizi, tanto da spingersi a dichiarare in diverse interviste che «Era quasi come dire: “voglio fare del porno per marziani”», ma i successi non tardarono ad arrivare, mostrarono la sua grande lungimiranza. Le donne avevano scoperto la pornografia, e sembravano apprezzarla parecchio.

Royalle fu spesso definita fautrice e portavoce di una pornografia femminista, nonostante questa etichetta non le sia mai andata a genio: «Ero una femminista e sono una femminista. Sono molto a mio agio con quella parte. Quello che non mi piace è che sono legata all’etichetta di “pornografa”». Ma rimane il fatto che negli anni 80 abbia aperto la strada a una tendenza che oggi risulta in grande ascesa.

Come sostiene Bree Mills, regista e sceneggiatrice, il mondo della pornografia è ancora oggi rivolto prevalentemente a un pubblico maschile, nonostante il 24% degli avventori di Pornhub (quasi un quarto degli utenti giornalieri) siano donne. Un gap con cui l’ambiente deve necessariamente fare i conti, adeguandosi al fenomeno.

Tornando alla questione del femminismo, la scelta di alcune registe è di trasporre in maniera evidente e dichiarata le proprie convinzioni: è il caso della regista e produttrice svedese Erika Lust. L’idea è quella di fare film pensati per le donne, girati e prodotti da donne«Si tratta di creare una narrazione che racconti la storia di uno, due, tre adulti consenzienti, che danno e ricevono piacere in modo sessualmente paritario, dando importanza ai dettagli – come le espressioni facciali, le mani, le posizioni del corpo – e non solo ai genitali: se qualcuno sta avendo un orgasmo, voglio vedere come reagisce tutto il corpo».

Insomma, nel mondo del cinema per adulti i meccanismi non sono poi tanto diversi da qualsiasi altro campo artistico: vi sono battaglie culturali combattute dai suoi protagonisti, che adottano scelte stilistiche differenti con la convinzione di poter portare avanti i propri valori. Quello che è interessante è l’attenzione mediatica verso il tema in progressiva crescita, come per il cinema d’autore o la letteratura. Al pari di molte altre circostanze della vita, basta solo andare poco oltre la superficie.

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Giovanni Di Colere 13.12.16 - 11:06

E' curioso osservare che questo mercato molto di nicchia, molto di qualità, presente solo in alcuni Paesi del nord Europa ora si sta sviluppando e questo solo perché l'intera industria del porno è andata in crisi a causa della concorrenza del web che fornisce contenuti gratuitamente. Come al solito l'essere umano ha bisogno di sentirsi in discussione o che gli venga sottratta la sedia da sotto al fondo schiena per darsi da fare. E in Italia neanche quello.

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